The Capitan Class

Sam Walker

Risponde alla domanda

Come condurre le squadre alla vittoria.

Perchè leggerlo?

The Capitan Class arriva fino in fondo a ciò che significa veramente essere il capitano di una squadra sportiva vincente. Potresti pensare che tutto ciò che serve per fare una grande squadra è riunire i migliori giocatori possibili. Questa è solo una delle tante percezioni errate che le persone hanno sugli sport di squadra. Walker sottolinea che le migliori squadre hanno capitani che possiedono caratteristiche specifiche.

}

15-minutes read

File formato PDF

Blinkist.com

Richiede abbonamento

Sintesi in italiano

E IO COSA CI GUADAGNO? IMPARA A COMANDARE COME UN CAPITANO SPORTIVO VINCENTE

Qual è il segreto numero uno di una squadra sportiva vincente? La maggior parte delle persone che provino a rispondere a questa domanda si concentrerà sulla qualità del giocatore migliore della squadra o sull’allenatore, o esaminerà le loro strategie.

Ma, in questi paragrafi, imparerai che il vero segreto per vincere negli sport di squadra sta del tutto in qualcos’altro – o meglio in qualcun altro: il capitano della squadra. Infatti, quando osservi cosa hanno in comune tutte le migliori squadre sportive della storia, il tratto che emerge è che hanno tutte avuto la stessa sorta di capitani.

Questi paragrafi ti mostreranno quale sia questo tipo di capitano, oltre ad illustrarti il catalogo di capacità che un capitano vincente deve avere.

Scoprirai inoltre

  • Se un capitano debba avere il talento della superstar
  • Cosa ci dice sul suo ruolo lo zigomo rotto di un capitano
  • Come una danza di guerra sincronizzata può aumentare le tue chances di vittoria

 

LE SQUADRE MIGLIORI HANNO GRANDI CAPITANI, MA DI SOLITO NON SONO LE SUPERSTAR CHE HAI IN MENTE

Di tanto in tanto, viene fuori una squadra sportiva che è così forte da essere praticamente invincibile. Tra il 1956 e il 1969, è stato il caso della squadra di pallacanestro dei Boston Celtics.

Il loro dominio durante quel periodo ci mostra quanto importante possa essere, per il successo della squadra, un giocatore chiave.

Nel 1956, i Boston Celtics avevano già vinto un campionato, ma quell’anno comprarono un nuovo giocatore promettente, Bill Russell – e avrebbero continuato a vincere altri 11 campionati nei successivi 13 anni.

Ma, dopo che Russel si fu ritirato dopo la stagione del 1969, la squadra si sgretolò e non conquistò un titolo per cinque anni consecutivi.

Possiamo vedere questo stesso trend in molti altri sport e in diverse altre squadre, compresi i New York Yankees, e il loro giocatore-star, Yogi Berra. Per la squadra di football Australiana, i Collingwood Magnies, il successo coincise con la presenza del loro capitano, Syd Conventry.

In ciascuna di queste squadre, il giocatore chiave è, inevitabilmente, promosso al ruolo di capitano, ma spesso questi individui non sono il tipo di capitano che potresti aspettarti.

Tanto per cominciare, questi giocatori sono raramente i più talentuosi della squadra. Al contrario, sono spesso ciò che la gente definirebbe un “giocatore nella media”, e il loro allenatore sarebbe in genere capace di individuare due o tre abilità cruciali che mancano loro. Tendono anche ad essere tipi riservati, che evitano le luci dei riflettori e le interviste.

Parlando in generale, questi capitani non sono il tipo di giocatori che offrono una leadership nel senso tradizionale del termine. E non sono quelli che segnano, con enfasi drammatica, i punti all’ultimo minuto, uscendosene con una giocata eroica, che salva la partita.

Allora, cos’è che rende questi capitani così speciali da portare le squadre alla gloria, senza che le stesse possano vincere senza di loro? Quali abilità nascoste hanno? Scopriamolo, nei paragrafi che seguono.

IL TALENTO E UN BEL BUDGET PORTERANNO UNA SQUADRA SOLO FINO A UN CERTO PUNTO

Le società amano mettere il talento su un piedistallo e venerare coloro che possiedono una voce meravigliosa per cantare, una mano agile per le arti figurative, una straordinaria bravura atletica o un dono per la matematica.

Ma quando diamo un’occhiata più da vicino alle squadre sportive, possiamo vedere che il talento non è il fattore decisivo per vincere trofei.

In molti altri ambiti della vita possiamo notare che esiste una diretta correlazione tra la circostanza di avere un gruppo di talento ed il fatto di ottenere splendidi risultati. Nel 2010, uno studio all’Università del Texas ha evidenziato che i migliori team a portare a termine compiti intellettuali son quelle in cui la maggior parte dei membri hanno abilità sopra la media – in altre parole, i gruppi talentuosi.

Ma questo non vale per le squadre sportive. Infatti, le squadra con più talenti non sono, generalmente, quelle che vincono i titoli di campionato.

Nel 2000, la squadra di calcio spagnola Real Madrid fece di tutto per reclutare i migliori talenti al mondo, tra cui giocatori importanti quali Luis Figo, Zinedine Zidane, Ronaldo e David Beckham. Ma, dopo una bella prova durante le loro prime stagioni, la squadra andò avanti a patire per tre stagioni consecutive senza una coppa.

La verità è che non puoi comprare un team vincente, indipendentemente da quanti milioni di dollari ci spendi.

Nondimeno, molte persone ci hanno provato, spinti dalla convinzione errata che, con sufficienti risorse, una squadra è destinata ad essere di successo.

Ma è facile dimostrare che una simile strategia è uno spreco di soldi. Molti dei team migliori della storia hanno raggiunto l’apice quando erano relativamente poveri.

I Collingwood Magpies sono una squadra di football australiana, che ha riportato una nota serie di vittorie negli anni ’20 del Novecento. La squadra vinse quattro titoli alla Gran Final, nonostante fosse così a corto di denaro che gli altri team continuavano a comprare i suoi giocatori migliori.

Così, per le squadre che conseguono delle leggendarie serie positive di vittorie, non c’entrano il talento o i soldi.

UNA GRANDE SQUADRA NECESSITA DELLA GIUSTA COMBINAZIONE DI ALLENATORE E CAPITANO

L’allenatore di football americano Vince Lombardi è spesso tirato in ballo quando si parla dei più grandi allenatori di tutti i tempi. Molti accreditano le sue capacità motivazionali come strumentali nell’impresa di aver portato la sua squadra, i Green Bay Packers, al titolo di campioni del NFL e vincitori del Super Bowl.

Comunque, seppure allenatori brillanti possano esercitare una certa influenza nel successo di una squadra, non sono necessariamente una condizione indispensabile.

Tornando a concentrarci sui Collingwood Magpies, la squadra vinse quattro campionati tra il 1927 e il 1939 con l’aiuto di Jock McHale, che aveva già vinto due campionati allenando altre squadre.

McHale era un allenatore altamente innovativo, pertanto la sua influenza può essere vista come un fattore che ha contribuito al successo della squadra. In questo caso, propose alla squadra metodi di allenamento unici, che favorirono la rapida improvvisazione rispetto alle abitudini consolidate.

Ma ci sono tantissimi esempi di squadre che si sono elevate alla grandezza mentre erano allenate da persone con pochissima o nessuna esperienza o metodi influenti. È il caso della squadra di football ungherese, i Mighty Magyars, che dominò il mondo del football nella prima metà degli anni ’50 nonostante fosse allenata dall’insignificante Gustav Sebes. Un altro esempio è l’eccezionale squadra australiana di hockey su prato, i Kookaburras, che ebbe un coach decisamente ordinario, Ric Charlesworth.

Ci sono, inoltre, innumerevoli squadre che hanno proseguito nella loro serie di brillanti vittorie pur passando da un allenatore ad un altro.

Ciò che la storia ci dimostra è che anche il migliore allenatore avrà sempre bisogno di un grande capitano, se spera di raggiungere la grandezza.

McHale ebbe un’ottima filosofia del “tutti per uno”, che tentò di trasmettere alla sua squadra, ma non fu visibile sul campo fino a che Conventry non trasformò quell’attitudine in azione. Questi era assolutamente altruista sul campo, e avrebbe preferito fare assist per il goal di qualcun altro piuttosto che segnarne uno egli stesso. Dopotutto, ai Megpies servì proprio l’arrivo del capitano Conventry per diventare campioni leggendari.

LE PERSONE INVESTIRANNO POCO SFORZO NELL’AMBIENTE DI SUQADRA A MENO CHE NON ABBIANO LA GIUSTA MOTIVAZIONE

Se hai guardato un film su uno sport di squadra, sai che arriva sempre quel momento in cui la squadra sta affrontando una sconfitta schiacciante, fino a che uno dei giocatori non effettua una giocata disperata ma geniale, che ribalta la situazione.

Questi momenti di disperazione e coraggio, a dispetto delle avversità, sono esattamente il tipo di momenti che possono ispirare una squadra a dare il meglio. Questo è importante perché gli atleti e i giocatori tendono a dare meno di quanto non facciano, tutti insieme, quando sono parte di una squadra.

Nel 1913, il professore francese Maximilien Ringelmann osservò che le persone generalmente impiegano meno sforzo quando sono parte di una squadra rispetto a quanto ne mettono quando lavorano da soli. Per esempio, nel gioco del tiro alla fune, i partecipanti utilizzano meno forza quando sono in squadra rispetto a quanta ne userebbero in un contesto individuale.

Il professore Ringelmann parlò, a proposito di tale fenomeno, di pigrizia sociale.

Nel 1979, gli scienziati della Ohio State University misero alla prova i risultati di Ringelmann aggiungendo un nuovo livello all’esperimento, nella forma di un allenatore.

Nei loro esperimento, gli scienziati indagarono quanto forte urlavano le persone quando erano da sole, paragonandolo a quando erano in coppie. Gli esiti confermarono la teoria di Ringelmann – perlomeno, fino a che una terza parte non fu introdotta, per dire ai soggetti che il loro partner, o il compagno di squadra, erano eccellenti ad urlare. Come risultato, le persone iniziarono a urlare tanto forte in coppia quanto avevano fatto da soli, perché erano motivati nel modo giusto.

Possiamo notare lo stesso principio operare negli sport, ad esempio quando un allenatore dice ai suoi giocatori che si aspetta che lavorino duro tanto quanto il capitano.

Ma, ovviamente, perché questo sia valido, c’è bisogno di un capitano che lavori davvero sodo come, per fare un esempio, Carles Puyol.

Da capitano della squadra di calcio FC Barcellona negli anni 2000, Puyol non aveva paura di sporcarsi e di gettarsi sulla palla per evitare un goal, anche dopo che un compagno avesse commesso un errore. Era disposto a sacrificare il suo corpo per la sua squadra, al punto che, una volta, si spaccò lo zigomo nel tentativo di fermare un tiro.

Questo tipo di determinazione è il segnale che si è dinnanzi a un grande capitano – il tipo di giocatore che ispira una squadra a sollevarsi e dare tutto ciò che ha.

UN CAPITANO DI SUCCESSO NON È NECESSARIAMENTE UN GRANDE MODELLO DI COMPORTAMENTO

Ci sono due ambiti in cui la società sembra pensare che sia accettabile per le persone ferirsi a vicenda per la vittoria: la guerra e gli sport.

Comunque, in entrambi i casi, le persone coinvolte saranno soggette a uno scrutinio attento sui metodi che utilizzano.

I fan sportivi hanno uno specifico – e spesso fuorviante – set di aspettative su come un capitano dovrebbe comportarsi. Generalmente, preferiscono che il capitano della loro squadra sia un esempio luminoso di comportamento composto ed appropriato, il tipo di giocatore che può essere una fonte di ispirazione per ogni tifoso.

Quando David Beckham era il capitano della nazionale inglese di calcio, negli anni 2000, fu oggetto di incessanti critiche per il suo taglio di capelli, che veniva reputato non mascolino, così come le lacrime che versò dopo una pesante sconfitta.

Mostrare le qualità “appropriate” può essere, agli occhi dei tifosi, più importante di un record di vittorie.

Prendiamo ad esempio Derek Jeter, che divenne il capitano dei New York Yankees nel 2003. Calmo, coerente e serio padre di famiglia, Jeter fu sempre ammirato dai suoi tifosi, anche se il suo periodo da capitano fruttò ben pochi trofei.

Ciò che i tifosi dimenticano, talvolta, è il fatto che i giocatori che si comportano sempre in modo ineccepibile non necessariamente costituiscono i capitani migliori. Al contrario, alcune grandi squadre sono guidate da giocatori che non hanno timore di infrangere le regole o rischiare di risultare impopolari.

Durante una partita della World Cup di rugby del 2015, il capitano degli All Blacks neozelandesi era Michie McCaw, un giocatore che dava tutto ciò che aveva per aiutare la sua squadra a vincere. Durante una partita, McCaw si ritrovò steso a terra, mentre un giocatore della squadra avversaria aveva la palla e il campo aperto davanti a sé.

McCaw fece l’unica cosa che poteva, e fece lo sgambetto al giocatore, guadagnando una punizione e molti feroci “buu” dalla folla – ma allo stesso tempo evitando che la squadra avversaria segnasse un punto.

Nonostante tutto, fu chiaro alla sua squadra che McCaw era inflessibile nel suo desiderio di vincere, e la sua squadra, alla fine, vinse la partita, cosa che era decisamente più importante che compiacere la folla. Questo è il segnale di un grande capitano.

I CAPITANI NON SONO GIOCATORI-SUPERSTAR, SONO IL SUPPORTO INDISPENDABILE PER I COMPAGNI

I giocatori-superstar sono quel tipo di atleti che prendono la palla quando l’orologio è a pochi secondi dallo zero e segnano il goal o il canestro decisivo, ogni volta.

Ma la maggior parte dei capitani non appartengono a questa categoria di giocatori guidati dall’ego, e contano su qualità diverse per ottenere il rispetto e guidare le loro squadre.

Il più delle volte, il capitano della squadra lavora duramente dalla parte posteriore del campo, assumendosi compiti meno appariscenti, che non sono però meno importanti – o complicati.

Richie McCaw degli All Blacks neozelandesi giocava nel ruolo della terza linea ala, una posizione difensiva che richiede un grande sforzo fisico, poiché comporta molti placcaggi e il contatto ravvicinato.

Era lo stesso per Calra Overbeck, l’ex capitano della nazionale di calcio statunitense. Lei segnava raramente dei goal, ma era sempre di sostegno per i goal delle compagne e effettuava i passaggi giusti.

Questo dimostra come i giocatori in difesa possano guidare la squadra assistendo gli altri e creando le opportunità, per i loro compagni di gioco, per dare davvero il meglio di sé.

Spesso, alcuni dei migliori capitani stanno ai margini, osservando e aspettando il momento adatto per buttarsi in mezzo, quando possono essere più efficaci.

Negli anni ’90 il capitano della nazionale francese di calcio era Didier Deschamps, che parlava del suo ruolo di capitano come qualcosa che aveva molto poco a che fare con la sua performance – si trattava esclusivamente di aiutare gli altri. Nel caso di Deschamps, questo significava trovare dei modi per far arrivare la palla a Zinedine Zidane, punta di diamante della squadra e miglior marcatore.

In questa squadra, Zinedine si appoggiava a Deschamps tanto quanto Deschamps necessitava di lui per vincere le partite. Perciò, anche se Zinedine era la stella, avrebbe avuto molto meno effetto senza il supporto del suo capitano, che era impegnato a creare opportunità perché lui brillasse.

Questo è il modo in cui qualcuno, dalle retrovie del campo di gioco, può essere il leader, quello su cui tutti contano sia per l’ispirazione, sia per la facoltà di mantenere i propri impegni.

Ma, come vedremo nelle prossime pagine, i doveri del capitano si estendono anche fuori dal campo di gioco.

NON ASPETTATEVI CHE UN CAPITANO TENGA GRANDI DISCORSI; I CAPITANI MOTIVANO I COMPAGNI DI SQUADRA PARLANDO A TU-PER-TU

Abbiamo visto come una fervida performance del capitano può essere d’ispirazione per i suoi compagni di squadra. Per questo, potresti essere portato a pensare che un capitano sia anche colui che, nelle riunioni di squadra, tiene discorsi appassionati e fonte di motivazione.

L’abbiamo visto mille volte nei film di Hollywood. Ma, nella realtà, la maggior parte dei capitani lasciano i discorsi all’allenatore o a qualcun altro.

Da capitano della nazionale francese di pallamano, Jerome Fernandez ammise di fallire miseramente nei discorsi di incoraggiamento. Quando succede qualcosa del genere, questo può finire per abbattere il morale del team più che aiutarlo. Questa è, probabilmente, anche la ragione per cui Carles Puyol, capitano del FC Barcelona, non si sarebbe mai rivolto ai suoi compagni di squadra con un discorso.

Persino un giocatore estroverso come Ferenc Puskas, il capitano della nazionale ungherese di calcio negli anni ’50, riteneva che i discorsi fossero compito di qualcun altro.

Ma solo perché associamo i discorsi con l’idea di leadership, non significa che i capitani non usino le loro parole – semplicemente lo fanno a livello individuale.

Quindi sì, la comunicazione è sicuramente vitale per il successo di qualsiasi squadra.

Nel 2005, lo Human Dynamics Laboratory del MIT ha studiato diversi tipi di team, compresi quelli che lavorano negli ospedali e nelle scuole. I partecipanti vennero registrati, durante la giornata, per monitorare le loro interazioni e prendere nota di ogni singolo dettaglio del modo in cui parlavano e di cosa il loro linguaggio del corpo stesse comunicando.

Lo studio rivelò che coloro che rientravano nella categoria di “leader naturale” erano quelli che si spostavano da un membro del team a un altro e avevano brevi ma mirate discussioni faccia a faccia.

Possiamo vedere come questo avvenga anche negli sport. Nei mondiali di calcio del 1998, la Francia stava vincendo 2 a 0 contro i campioni in carica brasiliani. Zinedine Zidane aveva segnato entrambi i goal, ma a fine primo tempo si reggeva a malapena in piedi, nello spogliatoio.

Così, il suo capitano, Deschamps, prese la faccia di Zidane tra le sue mani e gli rese chiaro un punto: non poteva smettere di lottare fino a che la partita non fosse finita.

Zidane usò quelle parole del suo capitano come la motivazione per tornare sul campo di gioco e, alla fine, la Francia vinse 3 a 0, ottenendo la prima coppa del mondo per la nazione.

I CAPITANI POSSONO AVVANTAGGIARSI DELLA NATURA UMANA CONDIVIDENDO LE GIUSTE EMOZIONI E SINCRONIZZANDO LE LORO SQUADRE

Se hai praticato uno sport di squadra, potresti aver provato l’emozione di quando tutti, nel team, si saldano tra loro e ci si sente come se tutte le menti fossero perfettamente connesse.

Gli scienziati e gli psicologi hanno rilevato come gli uomini abbiano la capacità del comportamento da branco e la mentalità di gruppo. Ma è solo in tempi relativamente recenti che hanno identificato i neuroni specchio.

Questa scoperta fu effettuata nel 2004 dai ricercatori della University of Wisconsin. Essi hanno accertato che i neuroni specchio sono delle particolari cellule cerebrali che vengono attivate quando riconosciamo delle emozioni in altre persone e fanno sì che noi proviamo le medesime emozioni.

La prossima volta che sperimenti una risata contagiosa, o inizi a piangere quando vedi qualcuno che piange, puoi dare la colpa ai tuoi neuroni specchio.

Anche se non comprendiamo del tutto questo tratto della natura umana, gli sport di squadra lo hanno da sempre sfruttato per trarne vantaggio.

Quando i capitani tentano di motivare i loro giocatori, provano a evocare emozioni di determinazione ed eccitazione. Il capitano stimolerà tali emozioni sulla propria persona, prima di tutto, così che i suoi compagni di squadra possano riconoscerle e inizino a provare quell’eccitazione a loro volta.

Ci sono diversi modi in cui i capitani instillano le emozioni necessarie per vincere.

Bill Russell dei Boston Celtics lo farebbe entrando a grandi falcate sul campo e lanciando un’occhiata glaciale alla squadra avversaria, con le braccia conserve davanti al suo petto, come se fosse il re della pallacanestro.

Non si tratta solo di un modo per intimidire il nemico; Russell mostrava uno spirito dominante, l’emozione di fondo che voleva che i suoi compagni raccogliessero per vincere.

Per quanto riguarda la squadra di rugby neozelandese, gli All Blacks, questi evocano le giuste emozioni esibendosi in una danza di guerra haka tradizionale di fronte a un pubblico entusiasta e a una squadra avversaria perplessa e, talvolta, intimidita.

L’esibizione dell’haka prevede che il capitano della squadra gridi ai suoi giocatori, che rispondono urlando all’unisono e facendo pose, espressioni facciali e gesti vigorosi.

Anche se non lo sapevano, quando per la prima volta portarono questa tradizione Maori nel campo da rugby, simili esercizi stavano stimolando i neuroni specchio dei giocatori, che, in cambio, determinavano che questi giocassero come una squadra unita ed armoniosa.

RIASSUNTO FINALE

Il messaggio chiave di questo libro:

Le memorabili serie di vittorie delle squadre sportive migliori al mondo non sono dovute agli ego sproporzionati delle loro superstar più talentuose. Piuttosto, questi successi in serie sono ottenuti grazie a una combinazione vincente di un allenatore esperto e di un capitano dotato di spirito di sacrificio, che non sia spaventato all’idea di rischiare di dare un’immagine pubblica negativa o di mettere il suo corpo a rischio per il bene della squadra.

Un consiglio praticabile:

Permetti ai tuoi compagni di squadra di fare il loro meglio.

Se vuoi diventare il capitano della squadra, combatti l’impulso di stare sotto i riflettori e ricevere tutte le attenzioni. Essere un capitano significa supportare i tuoi compagni di squadra e diventare parte indispensabile del loro successo. Questo è il modo in cui validi giocatori diventano capitani profondamente rispettati, e guidano le loro squadre alla vittoria.