In un mondo dove la crescita interna è ovunque limitata saper esportare è la chiave per assicurare uno standard di vita miglior alle generazioni presenti e future. Da sempre, l’Italia è un paese trasformatore: senza materie prime siamo stati capaci di aggiungere molto nel trasformare ciò che importiamo. Il rapporto “Esportare la Dolce Vita” del Centro Studi di Confindustria ha identificato 467 prodotti “Belli e Ben Fatti” che valgono 86 miliardi di export e hanno un potenziale di crescita di 45 miliardi.

Confindustria identifica tre assi su cui puntare promuovere accordi commerciali per contrastare le incertezze, potenziare la presenza sulle piattaforme ecommerce e contrastare l’Italian sounding. Questo conferma che, in un contesto globale dove i fattori produttivi sono accessibili da tutti, essere l’Italia è un’occasione storica.

Adam Smith, fondatore dell’economia, fu il primo a studiare gli scambi internazionali e partendo dalla sua teoria della specializzazione capì che c’era un vantaggio nell’esportare ciò in cui si era specializzati. Il suo esempio fu: “l’Inghilterra deve produrre tessuti, la Spagna vino”. È probabile che il commercio inglese con i porti di Marsala e Porto abbia aiutato            quest’idea, il fatto che i produttori dei vini liquorosi fossero inglesi immigrati e che il mercato di sbocco fosse l’Inghilterra erano condizioni di contorno.

Dopo Smith, Ricardo affinò la teoria definendo il vantaggio comparato: un paese anche se migliore in termini assoluti nel produrre sia tessuti che vino, deve produrre solo i tessuti e acquisire vino per il suo minor costo opportunità.

Le teorie di Smith e Ricardo sono state affinate da Porter che ha definito il vantaggio competitivo delle nazioni: non è questione di costo assoluto o comparato ma di capacità di differenziare il prodotto. Sarà un caso che la maggior parte dei casi discussi da Porter nell’elective di Harvard sul tema siano italiani?

In un mondo globale dove il capitale è sovrabbondante ed estremamente mobile, il lavoro a basso costo è disponibile ad un paio di settimane di nave, la tecnologia è acquisibile e facilmente integrabile con l’open innovation cosa ancora può caratterizzare un territorio? La capacità di fare prodotti differenti per i consumatori partendo da input cui possono accedere tutti: ed è questo che facciamo basandoci su eleganza e simpatia.

Eleganza deriva dal latino scegliere (eligere) che è alla base dei tre componenti del nostro vantaggio competitivo nazionale: gusto, creatività, tecnologia.

Il gusto è la capacità di scegliere e sintetizzare diversi stimoli esterni con un interiore senso del bello. Ogni Italiano, da quando nasce, è immerso nel bello ed è costretto a sintetizzare un’infinita serie di stimoli neanche immaginabili in un’altra nazione. Possiamo goderci il Colosseo, gli Uffizi, Venezia (se sapremo conservarla), le Alpi, il Mediterraneo, la Valle dei Templi e tantissime altre bellezze. Siamo, continuamente, immersi in secoli di laboriosa creazione di questa bellezza anche solo camminando nei nostri borghi. Nessuno di noi può sfuggire a questa educazione: respiriamo il bello. Alcuni di noi riescono a sintetizzarlo in ideazioni e prodotti che chi non è italiano non può neppure riuscire ad immaginare.

La creatività è la capacità di scegliere e mettere in connessione cose diverse. La nostra apertura mentale, la nostra tolleranza, la nostra voglia di conoscere gli altri e di fare festa insieme è la base di questa capacità creativa. Certo per fare questo ci vuole il mandolino, un buon bicchiere di vino, del buon cibo, il piacere di vivere e di condividere. Albert Einstein ha detto: la creatività non è altro che un’intelligenza che si diverte.

La tecnologia è la capacità di saper scegliere come applicare e rendere pratica una tecnica o un’arte. È attraverso una feroce applicazione della propria tecnica o arte che si crea tecnologia, che si creano macchine, prodotti, strumenti con caratteristiche uniche. Non è un caso che i macchinari sofisticati per i settori di nicchia siano fatti tutti in Italia.

La nostra eleganza, la nostra capacità di scegliere, sintetizzare, connettere gli stimoli della nostra cultura, del nostro paesaggio, della nostra storia ci danno gusto, creatività, tecnologia che sono la base del vantaggio competitivo di ogni impresa italiana quando si confronta nei mercati globali. Tutti hanno accesso agli stessi input, ma i nostri prodotti sono differenti: ecco il nostro vantaggio.

Oltre all’Eleganza c’è la Simpatia, che deriva dal greco patire insieme (sun-patos) ed è la capacità di capire nel profondo gli altri. I nostri prodotti vengono adattati ai gusti dei consumatori nel mondo dai nostri imprenditori che sanno entrare in sintonia con le altre culture e comprendere a fondo gli altri esseri umani. Lo sappiamo fare perché abbiamo duemila anni di civiltà sulle spalle, secoli di vantaggio da “first mover” che danno alle nostre imprese la capacità di differenziarsi, dimentichiamoli e produrremo senza eleganza manufatti indistinti ed indistinguibili da quelli tedeschi, americani, cinesi…

Perdiamo la nostra eleganza e la nostra simpatia e non solo nel breve termine vedremo sfuggire 45 miliardi di potenziale export ma nel lungo termine perderemo l’essenza stessa della nostra capacità industriale. Ai nostri imprenditori, che sono tra i migliori al mondo, di fare in modo che ciò non succeda.

Bernardo Bertoldi (Docente di Family Business Strategy, Università di Torino – bernardo.bertoldi@unito.it)