Gli ultimi dati sull’export pubblicati da Unioncamere Piemonte sono il miglior indicatore del vantaggio competitivo della nostra Regione perché esportare dimostra la capacità di competere e di mantenere ed aumentare gli standard di vita nella nostra comunità. “Questo rallentamento verso i mercati esteri … è preoccupante per le nostre aziende” ha dichiarato il presidente Vincenzo Ilotte. La preoccupazione è condivisibile.

A fine settembre Vincenzo Boccia, presidente nazionale, e Dario Gallina, presidente Unione Industriale di Torino, hanno fortemente sostenuto il “tavolo dell’auto” che era stato lanciato da Giorgio Marsiaj, che a maggio, in occasione del centenario dell’AMMA, aveva sottolineato l’importanza della nostra principale filiera produttiva. Sindaca Appendino e Presidente Cirio hanno dimostrato la loro disponibilità ad appoggiare iniziative volte a migliorare la competitività industriale.

Nelle prossime settimane sapremo se riusciremo a sfruttare questo momento. Sarà necessario ricordare che la competitività di un’area, come ha spiegato Porter, è fatta di quattro elementi: dotazione dei fattori, qualità della domanda, settori a supporto, strategie e struttura della concorrenza. Questi elementi devono essere tutti presenti in un sistema locale orientato al futuro, dinamico e fortemente competitivo.

La dotazione dei fattori a livello locale, primo elemento, deve essere specializzata per soddisfare i bisogni di un settore specifico. Disponibilità di lavoro a basso costo, di aree industriali, di materie prime non sono elementi che differenziano un’area geografica, sono disponibili in molti luoghi e non contribuiscono alla creazione di un vantaggio competitivo a livello internazionale. Quando la dotazione è specializzata diventa anche facile attrarre imprese dall’estero. Per creare una dotazione di fattori distintivi è necessario scegliere in cosa specializzarsi. Una scelta strategica e politica non facile, ma necessaria.

Un settore industriale non può eccellere a livello internazionale se non ha una sofisticata domanda locale: è questa che influenza come un’impresa percepisce e risponde ai bisogni dei consumatori più prossimi. Una domanda locale ampia e all’avanguardia costringe le imprese a pensare nuove soluzioni e ad anticipare trend che saranno poi la base per competere a livello internazionale. In questo gli acquisti del settore pubblico, ad esempio nel trasporto pubblico, possono spingere le imprese locali all’innovazione, ma è necessaria anche una domanda privata forte e sofisticata.

I settori industriali su cui decideremo di specializzarci avranno bisogno di una presenza locale di settori di supporto. Questi ultimi cambiano velocemente a seconda dei trend tecnologici e di consumo, bisogna quindi essere pronti, a livello locale, a vederne sparire alcuni e nascere altri avendo come unico criterio il loro contributo ai settori chiave.

L’ultimo elemento, strategie d’impresa e struttura della concorrenza, richiede che sul nostro territorio la concorrenza sia forte. Ci sono gli alpini dove ci sono le montagne. Non bisogna abbassare le montagne per avere alpini migliori, bisogna avere più alpini che competano per le vette alte. Rendere facile la vita alle imprese locali è solo un modo per rendergliela difficile quando vanno all’estero. Le imprese non vengono ad insediarsi qui perché la vita è più facile ma per accedere ad una dotazione di fattori e settori di supporto che ci rendono unici.

Come territorio se sapremo prendere le necessarie decisioni difficili, continueremo ad essere una delle regioni guida dell’Europa. È possibile ed è già successo. Nel 1865 in una Torino non più capitale, il sindaco Luserna di Rorà lanciò un piano di politica industriale che declinava il vantaggio competitivo su quattro elementi: energia elettrica assicurata da “un’opera grandiosa di derivazione di acqua dal Po”; forza lavoro, resa ancora più qualificata “dalle nuove scuole … alle quali essi potranno attingere cognizioni più speciali appoggiate a principi scientifici”; rete ferroviaria che collega Torino con tutta l’Italia; ampia domanda in quanto prima l’Italia era “divisa in tanti piccoli stati… avvinta da barriere doganali, … ora … forma un mercato di ventidue milioni di consumatori”. In trent’anni nacquero o si trasferirono a Torino migliaia di aziende che ci hanno permesso di diventare ciò che siamo. Ora sta a noi prendere le decisioni che fra più di cento saranno giudicate dai nostri discendenti.