I manager italiani, primi nel mondo occidentale, hanno di fronte decisioni strategiche difficili e da prendere in un contesto nuovo, drammatico e, allo stato attuale, imprevedibile. Quando si deve decidere in queste condizioni, la soluzione è agire per il breve pianificando per il lungo.

L’emergenza sanitaria durerà ancora a lungo e coinvolgerà la salute e la psicologia di molti. Il virus è estremamente efficace nel diffondersi anche attraverso persone con sintomi lievi ed è mortale in una percentuale tra lo 0,5% e il 3%. Morningstar ha stimato che il 20% della popolazione mondiale sarà infettata e che lo 0,5% morirà, se la stima fosse corretta si tratta di milioni di morti.  Una piccola probabilità di un evento grave a seguito di una grande probabilità di un evento antecedente fa sì che tutti vogliano evitare quest’ultimo ed è per questo motivo che è colpita la psicologia di molti.

Da un punto di vista macroeconomico, il duetto Lagarde-Von der Leysn ha chiarito cosa aspettarsi: i governi e le loro politiche fiscali dovranno rispondere agli effetti economici dell’emergenza sanitaria. Il “Non siamo qui per chiudere gli spread, ci sono altri strumenti e altri attori per gestire questi problemi” di Christine Lagarde può essere piaciuto o meno ma sarebbe ingenuo pensare ad una “gaffe”. Gli interventi delle banche centrali saranno limitati per due motivi. Primo, oltre i tassi zero e il quantitative easing non possono fare molto. L’indice di Morgan Stanley che indica una media dei tassi delle banche centrali era all’1% a inizio anno e si stima sarà 0,73% a giugno; durante la crisi del 2008 scese di tre punti percentuali in 18 mesi: oggi quello spazio di intervento non c’è più. È evidente che il sistema finanziario dovrà trovare un’organizzazione e un funzionamento nuovi: come il prof. Siniscalco, che lo conosce come pochi, ha già suggerito.

Il “daremo all’Italia tutto quello che serve” di Ursula Von der Leysn chiarisce che la politica fiscale sarà la vera protagonista. Si passerà da un sistema basato su rigore fiscale ed espansione monetaria a qualcosa di diverso, opposto. Ciò significherà che i governi, e magari l’Europa come entità politica, dovranno andare sul mercato e raccogliere il capitale necessario per l’espansione fiscale. La BCE continuerà, probabilmente, a sottoscrivere circa il 30% del nostro debito, ma il resto dovremo ottenerlo a tassi concorrenziali sul mercato finanziario. Ottenuti i capitali come li utilizzeremo? Si legge da più parti della necessità di un nuovo piano Marshall. Forse ci vuole qualcosa di più e di diverso. Il piano Marshall prevedeva 12 miliardi di dollari di interventi, di cui circa 1,2 per l’Italia: a valori correnti si tratterebbe di 128 miliardi per l’Europa e 12 per l’Italia, meno di quello che verrà approvato nel primo decreto economico sull’emergenza. Forse, anche, qualcosa di più rapido. Il generale Marshall lanciò l’idea ad Harvard nel giugno del 1947, quando il piano divenne efficace, l’Italia aveva già agito mentre si pianificava e nel 1948 aveva già posto le basi per il miracolo economico.

Oggi, come allora, dobbiamo agire per il breve termine pianificando per il lungo. La crisi che nascerà da questa emergenza sanitaria sarà molto diversa da quella finanziaria, quella attuale colpisce la domanda, l’offerta e la fiducia: l’economia reale.

La crisi dell’offerta passerà con il riavvio dell’economia. Nel frattempo è utile tenere la seconda macchina manifatturiera europea accesa per fare quanto serve. È possibile che sia necessario un patto nuovo tra aziende e dipendenti: le prime devono garantire la sicurezza, i secondi devono lavorare con attenzione e produttività. Questo vale per chi deve essere presente in azienda ma anche per chi può lavorare in modalità smart, dove le migliori tecniche per la produttività si possono sperimentare ora.

La domanda ha cambiato forma nelle ultime settimane: è necessario adattarsi per soddisfarla e crearne di nuova. Adattarsi significa, ad esempio, consegnare a casa, passare online, ampliare i punti di contatto con il consumatore. Dopo anni di parole sull’omnichannel, ora si può passare ai fatti. Bisognerà anche pensare come creare nuova domanda cercando opportunità anche in questa situazione: nelle prossime tre settimane nelle città si potrebbero tappare tutte le buche, fare manutenzioni industriali ed infrastrutturali, prepararsi a fornire clienti e partner europei che andranno in crisi qualche settimana dopo di noi.

La fiducia sarà l’elemento chiave per reagire; appena possibile dovremo far ripartire il cuore della nostra economia: dovrà essere un’iniezione di adrenalina. In questi sforzi impossibili fatti di passione e di azione-pianificazione l’Italia è la migliore al mondo. Marshall ne parlava ad Harvard che noi già lo stavamo facendo. Essendo entrati in questa emergenza prima di molti altri: avremo il dovere di mostrare al mondo come l’Italia si rialza.

Bernardo Bertoldi (Docente di Family Business Strategy, Università di Torino – bernardo.bertoldi@unito.it)