Ad un paio di mesi dall’inizio della pandemia ed avviata la fase 2, è necessario pensare alla nuova normalità a cui approderemo nei prossimi 6/18 mesi.

È evidente che alcuni trend già in atto, hanno accelerato; si pensi, ad esempio, alla digitalizzazione delle attività d’ufficio e dei rapporti con i clienti o alla insostenibilità di imprese con business model in declino e troppo debito. Altri trend saranno specifici della nuova normalità e presenteranno opportunità che andranno comprese e colte dalla classe imprenditoriale della nostra regione.

Il settore dell’agroindustria può essere un caso chiave di analisi per capire quali politiche industriali e quali strategie aziendali dovranno essere adottate. I motivi per ragionare su questo settore industriale sono contingenti e strategici. Contingenti: il settore è passato dal pre-pandemia alla fase 2 senza soluzione di continuità e non senza difficoltà quali ad esempio la sparizione del canale HoReCa. Strategici: il settore è importante per il Piemonte e sarà investito dai cambiamenti, positivi e negativi, della nuova normalità. Più di ventiquattromila piemontesi sono occupati nel settore che produce 2,5 miliari di valore aggiunto: il destino del settore avrà un fortissimo impatto sull’andamento della nostra economia nella nuova normalità.

La nostra regione possiede le risorse chiave per essere competitiva addirittura a livello mondiale nel far crescere il settore agroalimentare. La competitività di un’area è data da quattro elementi in cui il Piemonte eccelle: dotazione dei fattori, qualità della domanda, la forza dei settori di supporto, strategie e struttura della concorrenza. Territorio e competenze sono uniche, dalle tradizioni nell’enologia o nell’allevamento alle competenze nella trasformazione. La domanda locale, sia intermedia sia finale, è molto sofisticata e soddisfacendola si può essere sicuri di essere in grado di soddisfare anche quella internazionale. I settori a supporto, dalla logistica ai produttori di macchinari, sono forti. La concorrenza, ad esempio nel vino, negli insaccati, nei dolci da forno, nel petfood, è presente e sana e può dare origine ad imprese forti che imparano le une dalle altre. Come dice spesso un grande imprenditore del settore: “avere la Ferrero in regione è come avere vicino di banco un premio Nobel”.

La nuova normalità che aspetta la nostra agroindustria richiederà (fra le altre cose): di comprendere un cliente che si troverà, esso stesso, a scoprire bisogni modificati, di essere presenti nella vendita online con naturalezza (intesa anche come capacità di essere connessi al cliente in modalità omnichannel); di disporre di un’offerta completa. Le nostre aziende dovranno: potenziare o sviluppare il brand, internazionalizzarsi in modo robusto e non occasionale, sviluppare nuovi prodotti testando velocemente il mercato.

La pandemia ha cambiato il rapporto tra consumatore e marca, i brand nella nuova normalità dovranno parlare in modo diverso al consumatore ma continueranno a rappresentare un valore. In Piemonte il valore aggiunto per dipendente è 98mila euro, il 30% in più rispetto alla media italiana: questo dimostra che offriamo maggior valore al consumatore, elemento che si cristallizza nel valore del marchio. Tuttavia, se togliamo dal calcolo le grandi aziende il differenziale rispetto alla media nazionale è minimo. Quindi, su questo aspetto la vera sfida è per le aziende medie.

Il continuo testare nuovi prodotti permetterà di allineare l’offerta ai modificati bisogni del consumatore e questo sarà possibile applicando le più innovative tecniche manageriali di lean testing e creative entrepreneurship.

Avendo un marchio solido e un rinnovato mix di prodotto, le nostre aziende potranno crescere all’estero, contribuendo a importare ricchezza nella nostra regione e controbilanciando le difficoltà che ci aspettano nella nuova normalità.

Bernardo Bertoldi e Giorgio Donna