Tra guerra nel (speriamo) breve termine e instabilità geopolitica nel lungo, tra inflazione nel breve e catene di fornitura spezzate nel lungo, tra uscita dalla pandemia (speriamo) nel breve e riconfigurazione di molti settori influenzati in modo definitivo nel lungo, si ha la sensazione di vivere in un momento di cambiamento epocale.
In questi momenti le persone guardano ad istituzioni in cui hanno fiducia ed è per questo che l’ultima edizione del rapporto Edelman è più interessante del solito. A pagina 5 il rapporto afferma che le persone hanno più fiducia nelle imprese, che nelle NGOs, nei governi e nei media. Si può derubricare lo studio come l’ennesima americanata della lobbying americana ma è fatto alquanto bene e se quello che ha trovato è vero mette gli imprenditori “con le spalle al muro”. In un momento di epocale cambiamento le persone si affidano a loro, alle loro visioni, alle loro imprese, alla capacità operativa delle organizzazioni industriali.
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Sergio Marchionne una volta mi disse: “tutte le 300mila persone di Fiat Chrysler guardano ininterrottamente i loro leader. Il leader deve essere onesto nel suo lavorare per il meglio dell’azienda e deve essere un esempio, sempre. Se le tradisci una volta, sei finito. Hai perso la fiducia che ispiri. Come Ceo ho solo due diritti: quello di scegliere i leader con cui lavorare e i valori che guidano l’azienda”. Questo è vero per ogni capo, che guidi una multinazionale o alzi la serranda del suo negozio ogni mattina, guidare con onestà ed autenticità è la regola cui non si può derogare, mai, anche se questo costa molto, moltissimo, in termini personali. In un momento di cambiamento epocale, e diciamolo pure chiaramente, di paura diffusa non solo le persone dell’organizzazione, ma l’intera società guarda agli imprenditori e alle imprese. Forse è finito il periodo in cui si poteva dire: io faccio bene l’imprenditore… il resto non è “affar mio”.
In fondo cosa si può fare? La guerra è scoppiata per decisione di un singolo uomo al crepuscolo della sua esistenza, l’instabilità geopolitica è frutto di eventi al di fuori del controllo dei singoli, dell’inflazione se ne devono occupare le banche centrali, del costo dell’energia i governi (magari reintroducendo razionamenti e controllo dei prezzi), di assicurare i cittadini dagli effetti della pandemia i sistemi sanitari internazionali, anche ripensare la nostra vita dopo la pandemia sarà qualcosa che semplicemente succederà.
In questi momenti, il refrain degli esperti suona: “Tutto succederà comunque e le imprese dovranno solamente reagire velocemente con resilienza e agilità”. Questa e altre frasi simili sono eleganti ma dimenticano una verità tanto semplice quanto brutale insegnata a familyandtrends da un grande manager: “managers are not paid to make inevitable happen”.
Questo vale per quanto accade nelle imprese ma, oggi ancor di più, per quello che succede nella società.
La guerra sarà inevitabile ma è dimostrato che questa non scoppia tra paesi che sono uniti da forti relazioni economiche, in fondo, la nostra Unione Europea si basa su questa idea. E in questo caso le guerre non scoppiano perché sono le elite imprenditoriali dei paesi che conoscendosi, stimandosi e, certo, facendo affari da tempo influenzano i governi e i governanti, anche quando questi sono uomini soli al comando. L’inflazione sarà inevitabile ma agire per limitare l’impatto sui dipendenti, sui fornitori e sulla comunità mentre si aspetta che passi si può fare. In un momento terribile per il nostro Paese, furono gli industriali ad inventare la scala mobile, forse non è più una soluzione al passo con i tempi ma è certamente stata una delle idee più innovative del secolo scorso in termini di politica industriale (insieme alla cassa integrazione guadagni che oggi è copiata non sempre bene da tutti gli schemi di sussidio in giro per il mondo). Il rincaro dell’energia sarà inevitabile ma è proprio nei momenti di indisponibilità di una materia prima che l’ingegno imprenditoriale crea prodotti migliori. Pensateci ogni volta che mangiate la Nutella: inventata dal più grande imprenditore del XX secolo come risposta alla mancanza del cacao causata dall’autarchia (un vecchio modo di chiamare l’instabilità geopolitica). Le difficoltà della pandemia saranno inevitabili ma sono state anche le imprese che hanno fornito sicurezza, protocolli, vaccini ai loro dipendenti quando le nostre strade sono diventate fantasma e saranno le imprese a definire il mondo del lavoro dopo la pandemia.
Sono problemi complessi? Theodore Levitt diceva: “se pensare è la risposta intellettuale ad un problema, l’assenza di problemi porta all’assenza di pensiero”.
Non sono problemi degli imprenditori e delle imprese? La società si fida più di loro che dei governi, delle ONG e dei media: può la classe imprenditoriale fare spallucce?