Uno degli strategic trends con maggior impatto e più duraturo degli ultimi vent’anni è stato l’evoluzione dei modelli di innovazione. Dalle prime ricerche sull’open innovation di Chesbrough del 2003 passando dal corporate venture capital sino alle idea factories, i manager hanno dovuto stravolgere i modelli d’innovazione per adeguarli ai nuovi contesti di mercato. Modelli che sino ad ora hanno avuto un buon impatto sia in termini di innovazione che di risultati economici ma hanno, soprattutto, il difetto di limitare il vantaggio competitivo alla pura execution, per cui, se si guarda a questi primi vent’anni, in quasi tutti i settori i modelli di innovazione hanno alzato il tasso di competizione ma non hanno dato un vantaggio competitivo sostenibile a qualche impresa in particolare.

Nel settore delle bigtech, dove modelli di innovazione evoluta sono alla base della crescita continua di grandi ed imbattibili giganti, se si guardano i dati si scopre che in alcuni sotto settori la quota di mercato del leader non cresce da anni, i.e. app stores, business software, cloud, online advertising; in altri la quota del secondo concorrente è cresciuta di più, i.e. ecommerce e smarthphone. In alcuni sotto settori, poi, i leader che avevano conquistato la posizione con innovazioni radicali hanno perso quota a due cifre, i.e. video streaming, food delivery, ride hailing.

La poca sostenibilità del vantaggio competitivo per le imprese è legato sostanzialmente a due fattori: la strategia di innovazione e il ruolo dei consulenti.

La strategia di innovazione deve concentrarsi su ciò che crea un vantaggio differenziale per l’impresa. Quando tutti gli attori di un settore, e.g. bancario o telco, digitalizzano la loro relazione con il cliente per ingaggiarlo sul mobile o attraverso app, stanno solamente alzando il livello di competizione del settore e creando un nuovo standard necessario per competere. Il cliente avrà un servizio migliore, aumenterà la sua disponibilità a pagare, ma potrà continuare a pagare come prima grazie alla competizione tra offerte non differenti. L’idea alla base dell’open innovation è il libero fluire di conoscenza in entrata ed in uscita dalle imprese ed è quindi naturale che quando usata per acquisire ciò che gli altri sanno può solo livellare verso l’alto il tasso di competizione.

Le grandi firm di consulenza strategica hanno contribuito negli ultimi vent’anni a diffondere iniziative di corporate venture capital e idea factory, anche in questo caso finendo per aumentare il valore per il consumatore senza dare alle aziende un vantaggio differenziale. Il business model della consulenza porta inevitabilmente a questa conseguenza: è basato sulla riproposizione di una soluzione vincente in più aziende, generando, nei fatti un nuovo standard di competizione di settore. Il massimo risultato che ci si può aspettare è qualche mese di vantaggio competitivo. Le idea factory, luoghi dove le idee vengono generate e poi redistribuite nell’organizzazione, sono state un ottimo strumento per aumentare l’imprenditorialità e lo spirito di iniziativa delle grandi aziende. Nel settore delle utilities, ad esempio, le idea factory sono frequentissime: tutti i concorrenti ne sono dotati, spesso fanno le stesse cose: come ci si può aspettare che questo crei un vantaggio differenziale per uno di loro?

Nel caso del corporate venture capital, da una decina d’anni altro cavallo di battaglia delle società di consulenza, è ancora più evidente: il principale risultato è stato di aumentare il prezzo degli investimenti e di trovare start up che fanno la stessa cosa in diversi concorrenti.

L’enorme mole di innovazione generata in diversi settori in questi anni è stata un male? Al contrario ha creato enorme valore ma solo per i clienti non per chi l’ha promossa; i.e. l’aumento di disponibilità a pagare del cliente non si è trasformata in maggior valore per le imprese.

E’ qui che entra in gioco il nuovo modello d’innovazione, Start up Studios, la nuova buzzworld nella continua evoluzione dei modelli di innovazione, ma questa volta per le imprese c’è una novità interessante. A differenza di tutti i modelli precedenti, gli studios puntano a creare velocemente delle imprese o delle business unit che fatturano e sono scalabili rapidamente in modo profittevole. Questi due vincoli fanno sì che sopravvivranno quelle iniziative che non solo creano valore per il cliente ma permettono all’impresa promotrice di catturarne una parte creando così un fossato di difesa dai concorrenti. Ma affinchè gli studios possano essere davvero efficaci, generando valore immediatamente fruibile, è necessario creare una piattaforma di Opportunity Discovery e Lean Testing endemica all’azienda; rende le aziende più creative nella fase di ideazione, non basta fare quello che fanno i concorrenti, e più pratiche nella fase di testing, c’è poco tempo ed è necessario avere una risposta veloce dal campo.

Ci vorrà qualche mese e poi sapremo se Start Up Studios non è solo una buzzworld e se le grandi imprese saranno riuscite ad assorbire quest’ultima evoluzione per restare sulla frontiera dell’innovazione. Nel caso questo succeda per la prima volta innovare sarà più difficile ma permetterà la creazione di un effettivo vantaggio differenziale e quindi di extra profitto rispetto alla media del settore.