“L’inflazione danneggia i portafogli degli americani, ribaltarne il trend è per me una priorità” ha tuonato Biden dopo lo spunto sopra il 5% dell’inflazione americana.

È sempre più frequente leggere frasi che non possono non far pensare a Keynes e al suo “gli uomini pratici, che si ritengono completamente liberi da ogni influenza intellettuale, sono generalmente schiavi di qualche economista defunto”.

familyandtrends si occupa di capitalismo familiare e di trend nella strategia aziendale: l’inflazione coinvolge entrambi e quindi si ritiene scusato se sconfina in ambito macroeconomico.

È necessario che qualcuno lo dica: l’inflazione è passeggera… purtroppo.

“Passeggera” perché generata da aumenti temporanei di specifiche categorie di consumo e da cause temporanee. Le categorie che hanno causato il salto sono benzina, camere d’albergo, biglietti d’aereo, auto usate. Nella storia gli incrementi inflattivi legati a poche categorie sono passeggeri, cosa più che comprensibile. The Economist ha proposto un nuovo indice che invece di tagliare gli estremi per cercare di definire l’inflazione effettiva (come da sempre fa la FED di Cleveland con gli indici di core inflation) misura le deviazioni standard sulle mediane: in questo modo si vede con maggior chiarezza che poche categorie hanno generato il salto inflattivo.

Le cause, poi, sono in sé passeggere e sono tre: i colli di bottiglia, gli stimoli economici, il comportamento dei consumatori. Con l’indebolirsi degli effetti della pandemia, i consumatori hanno ripreso a spendere, soprattutto quelli con redditi più elevati che avevano risparmiato forzatamente. Questo aumento di domanda ha trovato, in alcuni casi, il sistema produttivo e logistico impreparato a causa del blocco degli investimenti fatto nell’emergenza dei lock down. Aumento di domanda e colli di bottiglia nell’offerta hanno creato un naturale aumento dei prezzi; se poi il tutto viene innaffiato da un abnorme piano di stimoli economici rapidi a entrare nel sistema economico, come sono quelli americani, bisognerebbe stupirsi che Biden si stupisca.

Di fronte all’inflazione più alta da trent’anni, la FED ha risposto anticipando il rallentamento del QE ma chiarendo che resta in attesa, segno chiaro che crede trattarsi di un incremento momentaneo. Dai tempi di Paul Vocker e della direttiva che impediva al sistema bancario di emettere carte di credito, si sa che c’è un solo modo per combattere l’inflazione: agire subito, agire forte, agire sulle aspettative: siamo lontani dal momento in cui vedremo praticare gli insegnamenti del più grande banchiere centrale della storia.

“Passeggera… purtroppo” perché in questo contesto storico l’inflazione farebbe bene alle imprese e al sistema produttivo. Supponiamo che l’americano di cui Biden vuole proteggere il portafoglio guadagni 60, spenda 50 e abbia risparmi per 100. 10% di inflazione gli porteranno 11 di maggior reddito disponibile: avrà 6 di aumento di stipendio, 10 di maggior rendita finanziaria e 5 di maggior costi.

Si potrebbe obiettare che l’aumento dei salari è successivo all’aumento dei prezzi. Al di là del fatto che proprio in Italia con la scala mobile da tempo abbiamo trovato la soluzione tecnica (da migliorare e aggiornare ma adottabile in caso di necessità), ma sembra che l’attuale inflazione abbia tra le cause l’aumento dei salari per l’alta richiesta di lavoro e non tra gli effetti per proteggere il potere di acquisto del reddito da lavoro. Se comunque l’americano di Biden non avesse subito il +6 di stipendio, si ritroverebbe comunque con +5 di maggior reddito disponibile (+10 da rendita finanziaria -5 di maggiori costi).

Si potrebbe obiettare che l’americano che Biden vuole proteggere oltre a non avere aumenti di salario non ha neppure risparmi. In questo caso è necessario proteggerlo e la soluzione sta probabilmente nell’aumento dei sussidi da disoccupazione su base periodica che porterebbe un aumento del salario minimo. Nel più rigido mercato del lavoro europeo probabilmente sarebbe più complicato, ma non a caso qui l’inflazione ha deviazioni standard meno estreme.

Si potrebbe, ancora, obiettare che spendere l’intero prodotto della rendita finanziaria erode il patrimonio. Si, è così: spendendo tutti i 10 generarti dal suo patrimonio, l’americano di Biden si ritroverà con un patrimonio con minor potere di acquisto. Questo ai tempi di Vocker era un problema: allora gli asset finanziari del mondo erano 10 trilioni di dollari circa pari al PIL mondiale; oggi gli asset sono 370/430 trilioni e il PIL 60/70 trilioni. Abbiamo gran bisogno di “definanziarizzare” il sistema e farlo rimettendo nell’economia reale il frutto della rendita finanziaria è il modo meno traumatico e più virtuoso per l’aumento della domanda reale che genera. Ogni punto percentuale di rendita finanziaria speso genera almeno ½ punto di PIL ((370×0,01)/70), se i consumatori spendessero i 5 punti di inflazione si avrebbe un aumento stabile per alcuni anni di 2,5 punti di PIL, i.e. di economia reale, di lavoro, di investimenti, di solide imprese che crescono, etc.

Quest’inflazione purtroppo … è passeggera.