Nelle scorse settimane un grande imprenditore italiano ha chiesto a familyandtrends qualche riflessione su capitalismo familiare e lungo termine. Dopo qualche ricerca tra gli scritti e una veloce verifica di casi ed esperienze familyandtrends si è reso conto di quanto ci sia il rischio de “Il Re è nudo”: tutti sappiamo che le aziende familiari rinunciano al profitto di breve per la solidità nel lungo, tutti sappiamo che le famiglie imprenditoriali sono orientate a passare alle generazioni successive ciò che hanno ricevuto, ma nella pratica questo cosa significa? Cosa è il lungo termine? Come ci si arriva?

Primo: le aziende, familiari e non, hanno una vita breve. Le prime 500 aziende dello Standard & Poor hanno una vita media sotto i 25 anni, le prime dieci una vita mediana di 33. John Elkann, in un’interessante intervista di qualche anno fa, ha fatto notare come delle quasi 29.000 imprese quotate negli Stati Uniti dal 1950 il 78% non esiste più: una metà è stata acquisita o fusa e una metà ha smesso di esistere. Le imprese che vivono più di cento anni sono 45 su un milione, quelle che vivono più di duecento sono una su un miliardo. Le imprese sono organismi che competono per risorse scarse in un sistema che cambia e come tutti gli organismi o si adattano evolvendo o spariscono. Questo è il concetto di distruzione creatrice di Schumpeter.

Secondo: in natura ci sono modi per durare a lungo. I sistemi che si adattano in natura sono soffici ma non fragili: quando arriva uno shock esterno alcune parti reagiscono velocemente permettendo alle parti più lente di continuare il loro lavoro per la continuità del sistema. Le due parti sono in relazione tra loro: la veloce impara, la lenta ricorda; la veloce propone, la lenta decide; la veloce è discontinua, la lenta continua. La veloce da input alla parte lenta per eventuali innovazioni o, se necessario, rivoluzioni. La parte lenta controlla la veloce con solidità e imponendo limiti. La parte veloce ha tutta l’attenzione del momento, la parte lenta ha tutto il potere. In questo modo i sistemi complessi in natura sono allo stesso tempo adattabili e robusti. Si potrebbe pensare che la parte veloce sia l’azienda familiare e la parte lenta sia la famiglia imprenditoriale?

Terzo: le diverse cose in natura cambiano con i loro tempi. In una foresta conifera, ad esempio, gli aghi di pino cambiano in un anno, la chioma dell’albero in alcuni anni, la corteccia in molti anni, un filare omogeneo in centinaia di anni, una foresta in migliaia di anni, una parte di biosfera di vegetazione in decine di migliaia di anni. Un sistema che vuole sopravvivere deve “competere” su diverse scale temporali. Negli anni conta l’individuo, nei decenni la famiglia, nei secoli la tribù o la famiglia allargata, nei millenni la cultura, nelle decine di millenni la specie. Nel mondo delle imprese è difficile spingersi ai millenni, e comunque sarebbe un problema raro considerato, come detto, che solo un’impresa su un miliardo supera i duecento anni; ma è certo che sino a che si ragiona in secoli la famiglia e ciò che la tiene unità hanno un valore per la continuità di un organismo.

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Quarto: essere orientati al lungo termine significa essere orientati ad evolvere ed adattarsi. Michael Porter ha detto che una teoria che spieghi il successo nei prossimi cinquanta anni deve focalizzarsi su variabili interne rispetto ad una che spiega il successo nei prossimi tre o cinque, questo perché i settori e le condizioni competitive saranno completamente diverse nel giro di mezzo secolo e questo sposta il focus sulla capacità di trasformare se stessi. Lo stesso concetto risuona nell’intervista a John Elkann: “è importante rimanere connessi al nocciolo e all’essenza di ciò che l’organizzazione è… ognuno ha la sua opinione, ma se tu torni all’essenza trovi molte risposte”.

Ecco un primo e incompleto tentativo di risposta al cosa significhi avere una visione di lungo termine: significa avere una componente veloce e una lenta, sapere che ogni parte cambia ed evolve con i suoi tempi, essere focalizzati a mantenere ed evolvere l’essenza dell’organizzazione. Keynes siccome era solito dire “in the long run we are all dead” non si porrebbe il problema ulteriormente; ogni famiglia imprenditoriale ha, invece, il dovere morale di porselo perché sa che nel lungo termine saremo tutti morti, tutti tranne i nostri discendenti.