Mario Draghi ha messo in guardia dall’effetto che le imprese zombie avranno sui sistemi economici una volta terminate le misure eccezionali attuate nella pandemia. Le cause prime e gli effetti per l’economia europea sono stati illustrati da questo giornale (https://24plus.ilsole24ore.com/art/bassa-inflazione-e-imprese-zombie-circolo-vizioso-che-blocca-eurolandia-ADELICCB?s=sl).

Per quanto si stia entrando nel secondo anno di pandemia, i fallimenti sono diminuiti e la distruzione creatrice sembra essersi fermata. La crisi generata dalla Pandemia è diversa dalla crisi finanziaria. Nel 2008 abbiamo assistito ad un terremoto con epicentro il sistema finanziario americano: gli effetti, disastrosi, si affievolivano all’allontanarsi dall’epicentro e una volta messo in sicurezza il sistema finanziario l’economia è ripartita. Questa crisi è un maremoto: l’epicentro è al di fuori del sistema economico e l’onda anomala sta arrivando sulle spiagge. Per superare la crisi dovremo vedere l’acqua invadere spiagge, strade, case e, una volta ritiratasi, capiremo la portata vera della crisi.

I suggerimenti di Draghi sono: aiuti più selettivi e procedure fallimentari agili. Questo permetterà di ridare vigore alla distruzione creatrice. Purtroppo non sarà sufficiente: il fenomeno delle imprese zombie era in crescita prima e la Pandemia non ha fatto che amplificare tendenze già in atto.

La BIS di Ginevra, l’organizzazione che raggruppa le banche centrali, dal 2018 ha pubblicato studi che affermano che le “zombie” sono cresciute dal 4% negli anni ‘80 al 15% nel 2017. Un’impresa è definita zombie se ha più di dieci anni di vita e per tre anni di fila ha un utile prima di imposte e tasse inferiore al costo degli interessi. Il loro numero sarebbe dovuto scendere con il diminuire dei tassi, invece è aumentato!

Sulle cause si è scritto molto, dalla maggior liquidità ai sussidi, dalla normativa sui fallimenti alle sospensioni degli ammortamenti; meno si è scritto sugli effetti. Questi sono deleteri per i consumatori, i settori industriali, l’economia nazionale, i dipendenti.

Un’impresa zombie non ha come unico motivo di vita aumentare il valore che offre al cliente, si limita in stato letargico ad offrire un prodotto standard, vecchio, imperfetto che il consumatore è costretto ad acquistare perché non ha alternative o è portato ad acquistare perché il prezzo è molto più basso. Si pensi ad esempio ad alcune compagnie aeree o ad alberghetti sciatti in luoghi meravigliosi. C’è da chiedersi come le sofisticate legislazioni sull’antitrust non debbano intervenire anche su questa categoria di limitazione della concorrenza.

 I settori industriali caratterizzati da molte “zombie” si pietrificano: non innovano, non sperimentano, non innalzano il livello di competizione. In questo caso non sono solo i clienti a soffrirne: il settore può essere spazzato via da nuovi entranti che arrivano da settori più forti e competitivi. Si pensi ad esempio all’editoria di fronte ai titani del web.

Un’economia nazionale che per sostenere l’esistente si popola di imprese zombie diminuisce la sua produttività aggregata. Si è stimato che un incremento dell’1% di zombie abbatte la produttività nazionale dello 0.3%. I trend sulla produttività del nostro Paese sono un esempio che di frequente questo giornale ci mette sotto gli occhi.

I dipendenti che lavorano in una zombie sono danneggiati perché hanno uno stipendio più basso e che cresce meno, perché non ricevono stimoli per migliorare le loro competenze e perché vivono in un sistema che non investe né sui mezzi di produzione né sulle persone. Questo fa si che le persone si pietrifichino all’interno di un sistema pietrificato e che i giovani non riescano ad avere opportunità di lavoro attraenti. Gli esempi, anche in questo caso, nel nostro Paese sono evidenti.

Aiuti più selettivi e procedure fallimentari agili sono scelte giuste, obbligate, di politica economica ma l’antidoto per le nostre aziende sono: ossessione per il cliente e coraggio di sperimentare.

Le nostre imprese devono avere una strategia che si basa sull’ossessione per il cliente, questo significa fare ogni sforzo per capire più a fondo i suoi bisogni e migliorare il modo in cui vengono soddisfatti. Ogni imprenditore sa che il cliente non è importante, è l’unica cosa che conta. Su questo le teorie manageriali hanno fatto enormi passi avanti negli ultimi 10 anni, sono più solide ed efficaci; le grandi tech companies non hanno fatto che applicarle con rigore e continuità, ma tutte le nostre aziende possono farlo.

Ogni amministratore delegato deve avere il coraggio di sperimentare nuove soluzioni, testare in modo rapido nuovi prodotti e nuove strade verso il consumatore e deve trasmettere questo coraggio a tutte le persone in azienda. Fabbriche delle idee, strategie di vendita basate sul cliente, agilità organizzativa sono tecniche ben codificate e applicabili.

Ossessione per il cliente e coraggio di sperimentare sono le caratteristiche che dovremo cercare nelle aziende che ci libereranno dalle zombie: sono, per fortuna del nostro Paese, tratti che da sempre definiscono il tessuto imprenditoriale italiano.

Bernardo Bertoldi (Docente di Family Business Strategy – Università di Torino – bernardo.bertoldi@unito.it)