Nei primi mesi dell’anno l’esposizione mediatica alla famiglia Agnelli ed a Stellantis non è certo mancata; noi italiani abbiamo potuto soddisfare la nostra pruriginosa curiosità sbirciando la vita di una famiglia famosa dal buco della serratura offerto da una serie di diatribe legali e, anche, il nostro atavico desiderio di lamentarci prendendocela con i francesi che ci portano via aziende e lavoro.

Agli imprenditori italiani, però, nello stesso periodo riguardo gli Agnelli, Exor e Stellantis, non sarà certo sfuggita l’occasione di vedere in funzione una governance sofisticata e solida. Una governance che solo nelle ultime due settimane ha visto ancora una volta, dopo decenni di cause, confermata dal tribunale la solidità del vertice di controllo, la Dicembre, e ha dimostrato la sua efficacia nelle nomine in CNH di Gerrit Marx ed in IVECO di Olof Persson. Per questo familyandtrends ci focalizziamo su Stellantis: un esempio interessante da seguire per aggregarsi, crescere e competere a livello internazionale (senza perdere il controllo dell’impresa…).

Per coloro che si fossero fatti distrarre da pettegolezzi meno utili (ma forse più stuzzicanti di un familyandtrends) si propone una sintesi.

Il contesto. Nel febbraio del 2005, GM pagò due miliardi pur di non comprare FIAT, talmente messa male che avrebbe trascinato nel baratro anche la più grande azienda di auto al mondo. Vedere il manager che la guidava da meno di otto mesi e che in seguito si dimostrò di una certa bravura con le mani tra i capelli e l’aria sconsolata mentre guardava sull’excel i flussi di cassa era la prova inconfutabile della gravità della situazione: i mesi di sopravvivenza si contavano sulle dita di una mano anche continuando a schioccarne due. Marchionne riportò in vita la FIAT, colse l’opportunità della più grande crisi del settore per comprare Chrysler e chiarì che l’unica strada in un settore super-competitivo che brucia capitali è fare milioni di auto con poche piattaforme. Nel frattempo, Peugeot veniva salvata dallo stato e da Dongfeng, il più imprenditoriale dei colossi cinesi.

Red Queen’s race

L’accordo. Stellantis è nata con l’idea di competere integrando più marchi con una dimensione globale, i.e. fattura circa dieci volte la FIAT del 2004 e con l’intenzione di competere con efficienza nel motore endotermico e di prepararsi con efficacia alla competizione dei motori elettrici e delle auto autonome e connesse.

Gli azionisti. I principali azionisti di Stellantis sono: Exor con il 23% dei diritti di voto (14,3% di azioni), Peugeot Invest con l’11% (7,1%) e lo stato francese attraverso BPI con il 9,6% (6,1%).  Ad inizio anno, quando lo stato francese ha aumentato la sua quota utilizzando il diritto al voto plurimo molti (italiani) hanno gridato allo scippo e (di conseguenza) si è tornati a parlare del peso italiano di Stellantis. Lo stato francese ha esercitato un diritto concesso a tutti gli azionisti che detengono le azioni per tre anni: lo ha fatto dopo Exor e Peugeot, e chi conosce la diplomazia francese potrebbe vederci una certa logica.

Nell’aprile del 2021, alla nascita di Stellantis, le famiglie Agnelli e Peugeot hanno siglato un patto di consultazione per rafforzare la loro relazione al fine di supportare l’impresa nel suo successo di lungo termine. L’accordo non prevede alcun obbligo di voto congiunto ma un libero scambio di opinioni che avvengono attraverso una serie di incontri periodici in cui esponenti delle due famiglie dialogano su argomenti di comune interesse, con particolare riguardo a come si è buoni azionisti di un’impresa familiare. Gli incontri sono in questi tre anni stati utili e fruttuosi. Ecco una prima buona prassi per le famiglie imprenditoriali che volessero insieme possedere un’impresa: gli azionisti sono a servizio dell’impresa e devono trovare il modo per sostenerla; incontrarsi, confrontarsi, allineare visioni e attese crea compagini azionarie coese. Nel capitalismo familiare si sente ancora dire di tanto in tanto: “il numero di soci perfetto è dispari ed inferiore a tre”: in questo caso oltre al mercato sono tre come fanno ad andare d’accordo? Con alcune regole aggiuntive.

Exor ha diritto a nominare due amministratori; Peugeot e BPI (la cassa depositi e prestiti francese) uno a testa sino a quando avranno più del 5%, se BPI scendesse sotto il 5% perdendo il diritto all’amministratore e Peugeot salisse sopra l’8% quest’ultima avrebbe il diritto a indicare due amministratori. Sarebbe bastato leggere queste poche righe, che si trovano da tre anni sui bilanci di Stellantis, per evitare i fiumi di inchiostro spesi per fomentare la rivalità Italia-Francia e capire che la visione è l’uscita progressiva dello stato ed il rafforzamento dell’accordo tra le due famiglie imprenditoriali. Ecco una seconda buona prassi: con azionisti dedicati all’impresa nel lungo termine, si può avere azionisti utili e forti, anche uno stato, che contribuiscono nel medio termine.

Si tratta di competere in uno dei settori con maggior necessità di investimento e con minori margini, come dimostrano le prime trimestrali del 24 dopo un 23 in cui con minori volumi si poteva tenere i prezzi più alti. Inoltre, il settore si trova in una fase di evoluzione discontinua e dirompente, i.e. l’auto elettrica, autonoma e connessa, con nuovi concorrenti che arrivano da altri settori e con veementi tensioni geopolitiche. Non bisogna essere profondi conoscitori di Porter per capire che si tratta di un’arena competitiva in cui le uniche dimensioni possibili sono globali e le uniche geografie che contano sono i continenti.