L’accademia è sostanzialmente d’accordo nel ritenere la velocità di decisione e la chiarezza della catena di comando come un punto di forza del capitalismo familiare, il che è generalmente vero ma di solito non si ha idea di cosa ciò significhi nel dettaglio pratico.

Elon Musk è un buon caso per approfondire il fenomeno in quanto ha fatto del decisionismo il suo tratto distintivo: dal fare dell’auto un PC al portare l’uomo comune sulla luna, dal chiamare X il social Twitter appena acquistato al rifiutare all’Ucraina l’ampliamento dell’utilizzo del suo sistema satellitare Starlink in Crimea per timore di una risposta nucleare russa.

Isaacson ha dedicato a Musk la sua ultima biografia; per quanto familyandtrends trovi che The Innovators resti il primo libro da leggere dell’autore, è un’ottima occasione per approfondire lo stile manageriale di Musk: forte decisionismo imprenditoriale fatto di sovrumana capacità di lavoro e tolleranza al rischio.

Musk serve per mettere in guardia ogni imprenditore dal pensare che sia opportuno essere l’unico a decidere in modo intenso, intuitivo, veloce, (onni)potente; infatti l’assolutismo è incompatibile con una gestione manageriale buona, veloce, rapida e responsabile.

Come è possibile che sia incompatibile? In fondo l’imprenditore è alla guida della sua azienda, tutti riportano a lui con fiducia, ha dimostrato nel tempo che la sua visione si è sempre realizzata, conosce meglio di tutti l’impresa ed il settore competitivo, sa fare tutto meglio di tutti: quindi essere l’unico onnipresente decisore dovrebbe permettere rapidità e chiarezza di azione. Non è (sempre) così.

È vero l’imprenditore, soprattutto il fondatore, è un personaggio unico che ha queste caratteristiche ma non può decidere tutto da solo; pensare che questa sia la caratteristica che da velocità di decisione al capitalismo familiare è un’ingenuità. Un unico centro decisionale genera mutamenti rapidi e potenzialmente arbitrari all’organizzazione, più è grande l’impresa più questi mutamenti sono difficili da spiegare a tutte le persone; succede che alcune decisioni vengano prese per impeto, eccesso di sicurezza, irritazione; inoltre l’esecuzione è lontana dal centro decisionale e può essere fatta in modi diversi o con interpretazioni di comodo.

Il potere accentrato e monolitico, per quanto illuminato, non crea una piramide di perfetta organizzazione bensì una confusione di feudi. Nell’organizzazione ogni manager deve la propria forza e, anche, la propria vulnerabilità alla posizione che gli è assegnata. Quando può perdere la posizione per un mutamento repentino e quando la sua posizione può essere scavalcata da un potere superiore, la posizione è svuotata dall’autorità necessaria per prendere le decisioni manageriali necessarie.

La reazione dei manager è quindi proteggere il proprio ruolo sottraendo risorse e visibilità ad altre posizioni (feudi) e assicurarsi di non essere costretto a compiere una scelta o ad assumersi la responsabilità di una linea di condotta che non sia conforme alle speranze e ai sogni del monolite centrale. Le battaglie tra feudi portano a plagiare, lusingare, disinformare l’imprenditore creando un circolo vizioso che allontana dalla realtà e rende sterile la capacità imprenditoriale.

Peter Clowes, ex capo ingegnere di X sopravvissuto ai licenziamenti del 50% dei manager fatta da Musk, ha affermato al Wall Street Journal: “l’approccio di Musk è molto soggettivo, è guidato da ciò che sente in quel momento non da una visione stabile”; è questo tipo di incertezza e instabilità che porta alla costruzione dei feudi e ad evitare di prendere responsabilità scomode.

Kayne West, sospeso da X per aver pubblicato una svastica fusa con la stessa di David, è stato riammesso dopo aver contattato direttamente il suo amico Elon Musk, il quale ha “chiesto” alla CEO Linda Yaccarino di ripristinare immediatamente l’account facendo lavorare gli ingegnerei nel week end. Marc Andreessen, guru del tech, si è pubblicamente lamentato di vedere troppi post che non lo interessavano e X ha prontamente limitato contenuti sponsorizzati per un gruppo di utenti di alto profilo. A inizio anno, Musk si è lamentato con i tecnici perché i suoi tweet erano poco visti, si è scoperto che succedeva perché molti utenti della piattaforma lo avevano “bannato” e questo faceva in modo che i suoi tweet fossero meno visibili anche dagli altri utenti: il “problema” è stato risolto agendo sull’algoritmo della piattaforma. Questo assolutismo irresponsabile è incompatibile con un’organizzazione aziendale efficace che da potere decisionale e responsabilità ai manager.

Certo Musk ha uno stile estremo ma è proprio per questo che è un buon esempio di cosa, anche se in modo meno evidente e dirompente, può succedere in un’organizzazione aziendale accentrata e monolitica dove non si fa grande attenzione a distribuire in modo razionale il potere e la responsabilità decisionale e dove non ci si assicura che ogni parte organizzativa abbia pesi e contrappesi dove ogni decisore pur avendo grande potere possa essere saggiamente consigliato.

Musk ha acquisto Twitter perché convinto che la piattaforma fosse stata infettata dal movimento wokery, che lotta per questioni di genere ed etnia, mentre censurava punti di vista più tradizionali. Isaacson suggerisce che questa svolta a destra di Musk sia originata dai forti dissidi con la sua figlia transgender Jenna. Se così fosse, sarebbe un’ulteriore prova di quanto nel capitalismo familiare l’aggettivo conti…