Il familyandtrends di fine giugno titolava “Il capitalismo familiare è di sinistra, la Borsa di destra”: le riflessioni di allora sono confermate nel recente delisting di Tod’s. La decisione è stata spiegata con “l’obiettivo … di valorizzare i singoli marchi (Tod’s, Roger Vivier, Hogan e Fay), dando loro una forte visibilità individuale e una grande autonomia operativa…” e con il fatto che “Il perseguimento di questi obiettivi di medio e lungo periodo sia meno agevole mantenendo lo status di società quotata, con le limitazioni derivanti dalla necessità di ottenere risultati comunque soggetti a verifiche di breve periodo”.

La decisione va analizzata sotto due aspetti: aziendale e proprietario.

Dal punto di vista aziendale, il richiamo al “breve-terminismo” dei mercati finanziari è quasi d’obbligo quando un azionista di riferimento opta per il delisting e, di solito, è più forma che sostanza. Nel contesto attuale, invece, ha più sostanza che forma per effetto del costo che, da quotati, ha una visione di lungo termine. Avere una visione di lungo termine, in pratica, significa rinunciare ad un guadagno da mettere nella semestrale per gli analisti a fronte di un guadagno di lungo termine che si ritiene sarà maggiore. L’attuale aumento del risk free ha fatto crescere il costo medio del capitale (WACC) di 2/3 punti percentuali: questo implica che il guadagno di lungo termine debba essere del 20/35% superiore a quanto lo era nove mesi fa. L’azienda Tod’s, inoltre, non ha probabilmente bisogno dei due grandi vantaggi che la quotazione offre: capitale di rischio a “basso costo” e “quando serve”. L’azienda genera sufficiente cassa per investire nei propri marchi e non ha interesse ad acquistare altre aziende: può quindi proseguire la sua crescita senza bisogno di capitali o di poter chiudere una fusione “carta contro carta”. La partecipazione del 10% del grande gruppo del lusso LVMH conferma che Tod’s può già accedere a tutte le sinergie che venissero ritenute necessarie.

Dal punto di vista proprietario, Della Valle ha più volte affermato che la relazione tra Tod’s e LVMH è prima di tutto una relazione tra le famiglie Della Valle e Arnault. Questo tipo di relazione suggellata da una partecipazione azionaria è comune tra le famiglie imprenditoriali: leggendaria è quella tra Katharine Graham e Warren Buffet o, in Italia, quella tra le famiglie Agnelli e Ferrari. L’accordo collegato alla partecipazione sarebbe stato difficile da impostare con l’azienda quotata per la clausola put&call che dà diritto alla famiglia Arnault di vendere la quota dopo dieci anni e alla famiglia Della Valle il diritto di comprare dopo dodici.

I tempi e la struttura dell’accordo danno la certezza all’azienda di avere un buon proprietario. Nel caso in cui LVMH acquisisse, Tod’s entrerebbe a far parte di un gruppo in cui poter sfruttare le economie di scala che il settore del lusso richiede. Il motivo per cui il settore si è consolidato sono le economie di scala nel design e nella distribuzione. La conoscenza e l’ampiezza della distribuzione di LVMH permette ad un marchio di ampliare la propria base clienti presentandosi a più clienti del segmento del lusso globale. Questo porta ad un maggior fatturato che offre più risorse da investire nel design, nel rafforzamento del marchio, nello sviluppo di nuove linee. Il design aggiornato, il marchio più forte, le nuove linee entrano nella distribuzione più ampia incrementando ancora il fatturato. Questo circolo virtuoso ha fatto sì che due grandi gruppi abbiamo consolidato in non molti anni l’intero settore (il fatto che siano entrambi francesi ha a che fare con la capacità francese nel retail e nella distribuzione ma questo sarebbe argomento per un altro familyandtrends).

C’è una seconda possibilità, nei prossimi dieci anni la famiglia imprenditoriale Della Valle offrirà all’impresa una nuova generazione di imprenditori che adatterà la Tod’s al mutato contesto competitivo garantendo un nuovo ciclo di crescita. In questo caso, la famiglia imprenditoriale Della Valle potrà riacquistare, se lo riterrà, il 10% da LVMH e proseguire la storia di successo iniziata nella cucina di Filippo Della Valle agli inizi del novecento.

Riconosciuto che Diego Della Valle ha dimostrato grande lungimiranza ed amore per l’azienda assicurandole  non una ma bensì due futuri possibili con un “buon proprietario”, familyandtrends non può che tifare per la seconda possibilità che dimostrerebbe ancora una volta come il capitalismo familiare italiano sia vivo e in grado di creare nuovi imprenditori in ogni generazione.