“Franz, Alexander, and Oliver sono il nostro dream team. Sono molto contento che abbiamo accettato questo ruolo”. Con queste parole nel novembre 22 Mark Mateschitz, figlio del fondatore Dietrich morto un mese prima, ha sancito la nuova guida della Red Bull.

Gli ultimi familyandtrends hanno sostenuto, non senza destare qualche discussione, ivantaggi della coesistenza imprenditore-manager e spiegato perché l’esistenza di una sola delle due figure non sia impossibile ma accorci la vita delle imprese indebolendole.

Tra tre anni Red Bull arriverà ultima in Formula 1 dimostrando che quando si rompe l’equilibrio sinergico imprenditore-manager anche l’impresa più di successo ne viene fatalmente indebolita. La previsione è certamente azzardata, la scuderia domina i circuiti da anni: andiamo con ordine.

Red Bull nasce nel 1984 da un accordo tra Chaleo Yoovidhya, imprenditore tailandese proprietario della T.C. Pharmaceuticals e inventore della ricetta, e Dietrich Mateschitz, manager di marketing colpito dall’effetto della bevanda sul suo jet lag. Chaleo e Dietrich avevano il 49%, il figlio maggiore di Chaleo, Chalerm, il 2%. Oggi Red Bull GmbH fattura sei miliardi di euro con un margine di contribuzione superiore al 60% ed è uno dei grandi marchi nel mondo delle bevande.

Dietrich ha associato il marchio a molti sport dove sono necessarie prestazioni estreme, spendendo circa 1/3 del fatturato, i.e. 2 miliardi, per comunicare ai consumatori quello che lui stesso aveva provato: Red Bull ti aiuta a performare in situazioni difficili come lavorare dopo il jet lag, fare una maratona, vincere una partita di calcio, surfare onde enormi, insomma come tutti sappiamo “mette le ali”.  Con una strategia di comunicazione di questo tipo era impossibile stare lontani dalla Formula 1: tre anni dopo la nascita, Dietrich sponsorizza Gerhard Berger, pilota austriaco della Ferrari; dopo varie esperienze come sponsor nel 2004 compra da una Ford in vena di tagli di costi Jaguar Racing per 1 dollaro; nel 2005 compra la Minardi (ora Alpha Tauri) e crea la Red Bull Racing.

Ha ragione Mark ad affermare che oggi il team manageriale di Red Bull è stellare. Il duo CEO, Franz Watzlawick, e CFO, Alexander Kirchmayr, ha lavorato con Dietrich, conosce l’impresa ed il mercato ed è stimato; Oliver Mintzlaff, CEO della parte sportiva, lavora da sempre e con successo in questo ambito. Il team di Formula 1,quello che familyandtrends prevede arriverà ultimo tra 3 anni, se possibile ha nel suo campo dei manager ancora migliori: Christian Horner, CEO di Red Bull Racing, è alla guida della scuderia dal 2005 ed è con Toto Wolf la stella del circuito, Helmut Marko, l’altro componente del consiglio di amministrazione della Red Bull Racing, è uno storico conoscitore di Formula 1 e di piloti, ha scoperto tra gli altri Verstappen portandolo in Formula 1 a 17 anni; Adrian Martin Newey, direttore tecnico, è il progettista più vincente della storia. 

Chi afferma che tra gli otto miliardi di umani esiste certamente qualcuno migliore dei familiari a guidare l’impresa potrà concordare che, se proprio non i migliori tra otto miliardi, questi sei siano un gruppo di tutto rispetto; eppure, il futuro di Red Bull è, almeno secondo familyandtrends, segnato: perché? I motivi sono, almeno, tre.

Il primo: la proprietà non è solida. I due fondatori avevano un equilibrio unico e non ripetibile: Chaleo aveva la maggioranza, era interessato alla diffusione nel mondo della bevanda che aveva inventato, non era interessato a privilegi o visibilità; Dietrich aveva la visione per lo sviluppo a livello mondiale e la conoscenza dei mercati e del marketing; se solo avessero letto il familyandtrends che spiega perché essere 50/50 è una grande fortuna avrebbero forse pensato a perpetuare questo equilibrio in una solida struttura proprietaria. Morti i due, oggi Mark, figlio di Dietrich, non può avere la credibilità del padre nella visione futura dell’impresa e non ha la maggioranza, Charlem, figlio di Chaleo, ha 73 anni, guida un poco coeso gruppo di maggioranza, ha poca conoscenza dell’azienda, una gran voglia di visibilità e privilegi.

Secondo: in questa generazione non c’è (ancora) un imprenditore. Il dovere di ogni famiglia imprenditoriale è assicurare in ogni generazione un imprenditore che guidi e adatti l’azienda al mutato contesto competitivo; questo imprenditore deve scegliere e attrarre manager bravi, bravissimi quando possibile, ma deve fare la sua parte: avere un orizzonte di medio lungo termine, vedere le opportunità e disegnare come perseguirle cercando ed assicurando le risorse necessarie, conoscere le dinamiche competitive e le direttrici di sviluppo del settore, proteggere ed evolvere l’essenza imprenditoriale e la cultura aziendale. In una parola metterci il coraggio, come il manager mette la competenza. Per ora, la famiglia Yoovidhya ha la maggioranza ma non pare avere eredi credibili: chi si è fatto notare lo ha fatto per fatti di cronaca nera o intromettendosi nelle vicende aziendali per favorire Albon, un pilota non particolarmente adatto alla Red Bull. Mark (31 anni) ha fatto un po’ di carriera in azienda ma è troppo giovane per avere autorevolezza e credibilità: senza la maggioranza non sarà per lui semplice dare stabilità al management che potrebbe dargli il tempo e il supporto per la crescita di cui ancora ha bisogno.

Terzo: senza solidità ed imprenditore prendono il sopravvento il breve termine e la competenza specifica. Lo scontro di potere più visibile si ha in Red Bull Racing perché la Formula 1 è un amplificatore di ogni cosa ma sta avvenendo anche in Red Bull. Per restare alla Formula 1: Hornet (51) saltando ogni gerarchia aziendale, fa leva sulla vanità e sul desiderio di privilegi dell’azionista di maggioranza per diventare proprietario di parte della scuderia (in fondo Toto Wolf lo è) e per sviluppare maggiormente la parte di sua competenza: avere per la prima volta motori fatti in casa. Marko (80 anni) fa leva sul rapporto storico con la famiglia Mateschitz per fare un accordo, anche azionario, con Porsche e continuare a sviluppare maggiormente la parte di sua competenza: essere con il padre il tutore di Verstappen e lo scopritore di altri talenti senza doversi preoccupare di motori. In questa lotta, che a leggere le cronache sportive e non è all’ultimo sangue, c’è da chiedersi cosa pensa Newey (66), il progettista più vincente della storia: per ora ha scritto un bel libro sulla sua storia probabilmente in attesa che si la lotta decida il vincitore o di accasarsi altrove. Con una proprietà solida, Dietrich avrebbe, come ha sempre fatto, tenuto le giuste tensioni e aspirazioni dei due manager a bada. Ora che succede? Mark delega a prendere le decisioni Mintzlaff, capo delle iniziative sportive, Horner non lo ascolta e lo scavalca parlando direttamente con l’azionista di maggioranza facendo leva su vanità e privilegi; Marko lo ignora andando a offrire a potenziali acquirenti qualcosa che non possiede, Newey lo guarda con preoccupazione. In tutto questo chi si occupa del medio lungo termine, delle opportunità da sviluppare, di decidere come sviluppare il complesso motore che la Formula 1 richiede per il 2027? Nessuno. Ecco perché, secondo familyandtrends, se non ci arriva con un imprenditore, al primo gran premio di febbraio 2027 la Red Bull arriverà ultima.