Se in Italia ti occupi di capitalismo familiare, ti capita con una certa frequenza di dover dibattere di “vecchi al comando”; a cui segue il solito elenco di esempi di ottuagenari. Leonardo Del Vecchio era sempre nella lista ed era il mio preferito perché era perfetto per dimostrare quanto sia sbagliata l’ottica di chi si occupa dei vecchi al comando.

Una delle leggi del capitalismo familiare è che il passaggio generazionale è responsabilità della generazione successiva non di quella attuale. È la prossima generazione che ha più interesse in un passaggio fatto a regola d’arte per il semplice motivo che ci dovrà “vivere dentro” ed è quindi quella che deve impegnarsi di più, anche nel trovare il necessario e delicato equilibrio di pesi e contrappesi. La generazione attuale può restare al comando sino a quando vuole a patto che abbia una visione a passo con i tempi. La foto ed il progetto con Zuckerberg, prima che Meta sapessimo cos’era, ha dimostrato che Del Vecchio poteva gareggiare in capacità di essere nel futuro con il vecchio Enzo Ferrari, che in questo è rimasto imbattuto, basti pensare quando avviò la collaborazione con Barnard. E, si sa, gareggiare con il Drake non è cosa da poco.

Del Vecchio è il mio esempio preferito per sconfessare i fustigatori “degli ottuagenari al comando” e per ricordare che è la generazione successiva il punto di osservazione. Lui ha sconfessato tutti i pregiudizi, tipicamente italiani, sulle aziende familiari. “Non crescono”: Luxottica è diventato un campione di “passaggio dimensionale” e il suo fondatore il primo teorico della crescita. “Non si managerializzano”: in una lettera ai figli pubblicata in Lettere al Futuro, Del Vecchio diceva: “oggi [l’azienda] ha bisogno al vertice di un gruppo manageriale coerente e d’alto livello”. Il libro è del 1999, cinque anni più tardi, a 38 anni, Andrea Guerra divenne amministratore delegato. “Non aprono il capitale”: nel 1990 l’azienda fu quotata al NYSE, il mercato più sofisticato al mondo (allora ancora più di oggi) utilizzando l’innovativo, per l’Italia, strumento degli ADR. “Sono capitalisti senza capitali”: basterebbero gli investimenti nel mondo della finanza e assicurazione di questi anni a smentire il pregiudizio, ma le acquisizioni strategiche sono nel DNA di Luxottica dalla catena di negozi LensCrafters nel 1995. “Non hanno studi manageriali e tecniche gestionali evolute”: nel processo di acquisizioni, da LensCrafter a Essilor, Del Vecchio è stato uno dei pochi italiani ad aver applicato la legge della conservazione del valore e della modularizzazione (due tra le teorie più sofisticate della scienza manageriale) e aver ottenuto un vantaggio competitivo sostenibile integrando la catena del valore dalla produzione, lente e montatura, all’offerta integrata di moduli al consumatore finale (forse sarebbe il momento di un caso Luxottica che ad Harvard sostituisse il caso Carl Zeiss and the free-form production).

Quindi, se davvero si vuole discutere di continuità aziendale e di capitalismo familiare, il punto di osservazione deve essere la nuova generazione. I fondatori sono figure eccezionali e non replicabili che racchiudono il ruolo di proprietario di imprenditore e di manager; alle generazioni che seguono tocca salire sulle spalle di questi giganti sapendo che dovranno ripensare quei tre ruoli in modo nuovo che adatti l’impresa e la famiglia al mutato contesto competitivo ed organizzativo. Del Vecchio, sapeva anche questo, e scrisse ai figli: “Ma, tanto per essere chiari, non lo vedrei mai nel mio ruolo, perché in primo luogo l’azienda ha avuto un sviluppo tale e talmente distribuito in ambito internazionale che oggi … [non] ha bisogno di un solo uomo, e in secondo luogo perché conseguentemente riconosco di aver dato a quest’azienda un’impronta personale… . È evidente che nel mio caso vi sono motivi storici, l’impresa mi si è sviluppata in mano…”. Questo “svilupparsi in mano” è naturale nella prima generazione ed è impossibile nelle successive. Cosa bisogna fare per garantire la continuità aziendale? Strutturare la proprietà, l’imprenditorialità e la managerialità.

La proprietà deve continuare ad essere unita come lo era quando l’azionista era uno solo; è necessario che gli azionisti siano legati da valori comuni, che ognuno abbia chiaro il sistema di rappresentanza, i suoi diritti ed i suoi doveri e che nell’insieme ci sia una chiara strategia di investimento. In questo, forse, un errore Del Vecchio lo ha fatto costruendo una governance che per alcune decisioni richiede l’unanimità dei soci attuali. È un errore comune nella generazione attuale che ricerca la concordia della famiglia ma sottostima che l’unanimità da un potere di veto eccessivo a uno dei soci e può bloccare, anche in modo grave, una buona discussione e una conseguente migliore decisione. La famiglia imprenditoriale nel suo complesso dovrà saper essere un buon azionista, se non lo sarà per la forza della concorrenza semplicemente perderà il diritto di possedere a favore di un azionista migliore. Essere un buon azionista significa essere pronti ad investire, offrire conoscenza e confronto ai consiglieri ed ai manager, assicurarsi il rigore in ogni decisione anche quando si tratta di rinunciare a qualcosa nel breve a favore del lungo termine.

La struttura manageriale è già ben strutturata da tempo e qui il banco di prova della famiglia imprenditoriale Del Vecchio sarà sapere attrarre, crescere e mantenere la prossima generazione di manager. Nel caso di EssilorLuxottica anche assumendosi la responsabilità del primo azionista verso il mercato.

Mantenere viva ed evolvere l’essenza imprenditoriale di Del Vecchio sarà la terza sfida. Si tratterà di capire dove e come applicare quella visione di crescita globale fatta di chiarezza di intenti e di capacità di rischiare il giusto.

La responsabilità della generazione successiva è grande, lo è nel salire sulle spalle di un fondatore per continuare la sua attività imprenditoriale, nei confronti delle decine di migliaia di dipendenti, delle migliaia di piccoli azionisti, dei milioni di clienti. Del Vecchio terminava la sua lettera dicendo: “vediamo che cosa succederà all’atterraggio tra di voi, sono proprio curioso”. Anche in questo, aveva ragione l’ottuagenario.