l contesto economico ed industriale dei prossimi dieci anni sarà un’enorme opportunità per le imprese familiari e, di conseguenza, per il nostro Paese che ne è ricco.
Può sembrare strano, soprattutto visto dall’Italia, che il capitalismo familiare fatto di piccole imprese (e piccolo non è bello) e di nepotismo (lucky sperm club come usa definirlo Warren Buffet) possa essere in pole position per dettare la crescita e lo spirito capitalista globale del 2030, ma basta guardare i fatti per farsene una ragione.

Nel 1977 ad Harvard, Alfred Chandler pubblicò The Visible Hand, un libro che spiegava come il capitalismo moderno non era guidato da una mano invisibile come aveva insegnato Adam Smith ma dalla corporation americana fatta di economie di scala, grandi capitali, espansione internazionale e guidata dal manager professionale, la nuova incarnazione dello sviluppo capitalistico.

I vantaggi della corporation si possono raggruppare in capitali, management, dimensione; vediamo come nel nuovo secolo questi vantaggi sono svaniti.

Nel secolo scorso avere accesso a capitali in quantità e a basso costo era un vantaggio: i tassi di interesse erano alti, spesso a due cifre, e la liquidità bassa. A partire dal quantitative easing del 2008, il denaro è diventato abbondante ed a basso costo. Warren Buffet, certamente un ottimo investitore, ha per anni goduto del denaro gratis ed abbondante che gli era fornito dal business assicurativo della sua holding Berkshire. Buffet continua ad essere un buon investitore ma è un fatto che i suoi investimenti post 2008 non hanno battuto il mercato. Nel novecento c’erano più opportunità che denaro disponibile, oggi è il contrario. La diffusione nel mondo dei meccanismi di voto plurimo dimostra che i capitali sono disposti, anzi desiderosi, di lasciare il potere decisionale a proprietari con approccio imprenditoriale e di lungo termine. Le strategie di investimento sono sempre più spinte su illiquido e lungo termine, facendo diventare anche i capitali finanziari pazienti e partner ideali per le famiglie imprenditoriali.

Il manager professionale era una risorsa scarsa ai tempi di Chandler ed è per questo che le grandi corporation li formavano in casa con sistemi di formazione e carriera sofisticati e con partnership strutturate con le business school. Oggi le competenze manageriali sono diffuse, si possono trovare sul mercato a patto di essere attrattivi e come dimostra la crisi di General Electric, non costituiscono più un vantaggio competitivo (che è invece ancora assicurato dalle competenze imprenditoriali, ma questo è un altro capitolo per le imprese familiari). Le imprese familiari possono quindi espandere la loro essenza imprenditoriale con manager professionali, bisogna solo ricordarsi che hanno caratteristiche diverse dai manager delle corporation. In un’impresa familiare, inoltre, è più facile per un manager riconoscersi in una visione e dare alla propria attività un significato profondo: caratteristica che è importante oggi ma lo sarà sempre di più in futuro.

La dimensione è il vantaggio offerto dalle economie di scala ma in un contesto in cui è necessario adattarsi velocemente per evolvere non aiuta. In questo secolo solo le economie di scala della domanda, i.e. la platformization, sono state alla base del successo di grandi imprese. Avendo accesso a capitale e management, le imprese familiari potranno aumentare le loro dimensioni, ma resteranno sempre focalizzate sul perseguimento di opportunità più che della dimensione che necessità di sistemi burocratici.

Il prossimo decennio ci dirà anche se il capitalismo sarà parte della soluzione ai danni che il secolo scorso ha inflitto al nostro pianeta. Se non lo sarà, diverrà chiaro che è parte del problema e sparirà. I “buoni proprietari” possono incidere più di qualsiasi stakeholder nel far diventare le loro imprese buoni cittadini del mondo: il capitalismo familiare ha già dimostrato di poterlo fare e dovrà essere all’avanguardia in questa transizione. Lo potrà fare perché tutto dimostra che il prossimo è il suo decennio.