Negli ultimi mesi, due familyandtrends sono stati dedicati al rapporto tra famiglia imprenditoriale e manager, forse troppi, ma non si può non tornare sull’argomento dopo che Luciano Benetton annunciando di lasciare la presidenza dell’azienda che porta il nome di famiglia ha, contemporaneamente e pubblicamente, sfiduciato l’amministratore delegato Massimo Renon. È necessario tornarci perché la eco della vicenda può influenzare il pensiero di molti: i manager potranno pensare che lavorare nelle aziende familiari sia “impossibile” perché decide sempre tutto la famiglia e le famiglie imprenditoriali che dei manager esterni “non ci si può fidare”; in fondo le parole di Luciano Benetton non sono equivocabili: “mi sono fidato e ho sbagliato. Sono stato tradito nel vero senso della parola”.

Sventare questo doppio rischio è fondamentale per le imprese familiari. Vediamo innanzitutto cosa è successo? Luciano racconta che a settembre 23 “viene accennato a qualche problema ma in modo tenue. E sembrava tutto sotto controllo… mi accorgo che i numeri non mi tornano e che il problema va ben oltre a quanto hanno dichiarato a settembre. Tra l’altro era da parecchio tempo che mi arrivava uno scontento interno ed esterno all’azienda per l’atteggiamento arrogante e poco capace dei nuovi dirigenti”. Dopo qualche tempo, emerge una perdita prima di 100M e ora, pare, di oltre 230M.

Il principale errore da evitare, secondo familyandtrends, è pensare (o farsi convincere da qualche consulente) che le figure dell’imprenditore e del manager siano incompatibili, mentre queste quando convivono sono una fonte inesauribile di vantaggio competitivo perché si rafforzano vicendevolmente. Nel mondo reale vedere la relazione che si crea tra un imprenditore e un manager e come assistere ad una partita di tennis: quando da entrambe le parti c’è capacità e dedizione la palla è tesa e gli scambi avvincenti; quando una delle due parti è debole, l’altra è costretta a lanciare “pallette” al di là della rete e la partita diventa un noioso allenamento con scarsi risultati. Quando Benetton afferma: “la mia funzione in quel momento era quella di tutor per portare ad autonomia manageriale la società. Avessi avuto vent’anni in meno mi sarei impegnato in prima persona” sembra dire che le due figure non possano convivere, che il dovere di un imprenditore sia o gestire l’impresa o portarla ad uno stato di autonomia in cui può vivere senza imprenditore. Le imprese senza imprenditori, in verità, non sopravvivono a lungo, la riprova arriva dal capitalismo americano, esempio di managerializzazione professionalizzata estrema: la vita media delle prime 500 aziende dello Standard & Poor USA è inferiore ai 25 anni, le prime dieci hanno una vita mediana di 33, delle quasi 29.000 imprese quotate negli Stati Uniti dal 1950, il 78% non esiste più. I fondatori sono sia imprenditori che manager, possono gestire l’impresa in ogni suo aspetto perché, come diceva Leonardo Del Vecchio, “l’impresa gli è cresciuta tra le mani”; è quindi comprensibile che Luciano Benetton, che è un co-fondatore, non veda la differenza tra i due ruoli.

L’aut aut tra imprenditore e manager è confermata da un’altra affermazione: “Iniziamo la collaborazione e spiego che sono a disposizione per domande o approfondimenti nella massima autonomia dei rispettivi ruoli. Va detto che non mi ha mai chiesto nulla, né lui né i nuovi collaboratori che ha inserito…”. In realtà l’autonomia avviene solo nella definizione e nella complementarità dei ruoli. L’imprenditore deve avere un orizzonte di medio lungo termine, vedere le opportunità e disegnare come perseguirle cercando ed assicurando le risorse necessarie, conoscere le dinamiche competitive e le direttrici di sviluppo del settore, proteggere ed evolvere l’essenza imprenditoriale e la cultura aziendale; il manager deve avere un orizzonte di breve medio termine, gestire la complessità, guidare il team manageriale e l’organizzazione, allocare risorse, fare problem solving, definire budget, assicurare efficienza di esecuzione. All’imprenditore è chiesto il coraggio reso autorevole dalla responsabilità della proprietà al manager la competenza confermata dai risultati.

La Benetton è in un settore molto competitivo dove negli ultimi vent’anni il fast fashion e la globalizzazione hanno portato nuovi e bravissimi concorrenti e dove i margini si sono assottigliati tanto da non permettere molti errori di gestione. Edizione, la holding della famiglia Benetton, ha confermato il suo impegno mettendo sul tavolo le risorse per coprire le perdite e per sostenere il rilancio. Al nuovo amministratore delegato, Claudio Sforza, potrebbe essere utile quanto un manager di grandi risultati ha insegnato a familyandtrends riguardo al lavorare in un’azienda di famiglia. I lettori che sono arrivati sino a qui sanno quale è il consiglio: è nel titolo.