Salire su un palco con esperti del calibro di Carlo Salvato e Paolo Gubitta per commentare l’osservatorio sui family offices preparato da un gruppo di ricerca stellare (Josip Kotlar, Alfredo De Massis, Luca Manelli ed Emanuela Rondi) e non riuscire a pensare ad altro che ad una pepiera offre sensazioni tra la voglia di scappare dalla sala ed il senso di inadeguatezza.

Eppure diretta al nocciolo della questione era andata Cristina Bombassei (un’imprenditrice quindi perché stupirsi) quando in introduzione aveva posto la domanda “perché stare insieme oltre l’impresa?”. familyandtrends pensa che la risposta stia proprio in una pepiera.

Le famiglie imprenditoriali stanno insieme perché hanno uno scopo condiviso a cui tutti, per quello che riescono e desiderano, contribuiscono riconoscendo l’importanza del contributo gli uni degli altri e fanno questo con una determinazione pronta a diventare ostinazione (non è un caso che il purpose di cui parla l’osservatorio significhi sia scopo che ostinazione). L’impresa nel capitalismo familiare è la cosa più importante perché è sia l’oggetto in cui il contributo di tutti, familiari, azionisti, imprenditori, gestori, si materializza sia perché è lo strumento con cui lo scopo può essere perseguito.

In Italia si sono 219 family offices, 107 sono emanazione di una sola famiglia (single family office): 53 di questi coesiste con l’impresa che rappresenta ancora la maggior parte della ricchezza e 29 derivano dalla vendita dell’impresa (liquidity event). Perché costituire un veicolo che gestisce capitali al di fuori dell’impresa? Perché stare insieme oltre l’impresa?

Porter non è stato tenero con chi fa del possesso del capitale un punto di forza: “in mercati dei capitali sempre più sofisticati, le aziende con un posizionamento interessante e buoni manager appaiono sullo schermo di chiunque e non hanno nessuna difficoltà ad avere tutti i dollari che servono loro. Semplicemente contribuire con il capitale non è contribuire molto”; e ha messo in guardia i proprietari che indulgono nel loro possesso: “se i proprietari non contribuiscono direttamente alla generazione di un ritorno economico, ma semplicemente offrono risorse finanziarie liquide, generiche, inesperte e fungibili, allora i proprietari sono sostituibili”. L’evidenza empirica dà ragione a Porter: delle 103 famiglie presenti nella lista Forbes sin dall’inizio più dell’80% ha mantenuto la proprietà di un’impresa, quelle che sono passate ad essere “investitori passivi” sono semplicemente sparite dalla lista.

Vi è mai successo di notare su una pepiera un leone che cammina su una freccia? La famiglia Peugeot prima che nel 1889 Armand producesse un’auto (un triciclo a vapore per essere precisi) faceva pepiere.

Sono le migliori al mondo perché dividono a metà il grano di pepe sprigionando il gusto prima di passare alla macinazione utilizzando la stessa tecnologia dei cuscinetti a sfera. Tutto nasce da Fritz Peugeot che nel 1810 a Hérimoncourt decide di trasformare il suo avviato mulino di in una fonderia d’acciaio usando l’energia dell’acqua e si specializza in lame per seghe. Per simbolizzare la velocità, la forza e la flessibilità della lama viene messo un leone su una freccia. Grazie all’imprenditorialità di tanti successori di Fritz, quel leone attraverso due secoli è finito su componenti di orologi, macina caffè, saliere, biciclette, tricicli e… sulle migliori pepiere al mondo.

Certo in due secoli le imprese hanno avuto alterne fortune, e.g. nel 2013 le auto sono state salvate dallo stato, e i familiari hanno avuto visioni diverse, e.g. Armand fondò la Société Anonyme des Automobiles da solo perché nessun familiare credeva nel futuro dell’auto. In due secoli, però, ogni Peugeot ha contribuito con determinazione a far camminare quel leone sulla freccia facendo leva con ostinazione sull’essenza imprenditoriale impressa da Fritz, sulla propensione verso l’innovazione, sulla passione per l’ingegneria e la manifattura, sulla volontà di fare prodotti migliori siano auto o pepiere.

La famiglia Peugeot oggi ha uno dei family office più sofisticati in Europa e fa investimenti di lungo termine attraverso la quotata Peugeot Invest. Nel 2012 la Poivrières Salières Production Peugeot è tornata di proprietà della famiglia perché non si può andare nel futuro uniti senza una pepiera.